A 58 anni suonati, Gianni Togni non deve certo dimostrare nulla a nessuno, forte com’è di successi che hanno segnato la storia del pop internazionale e di una carriera che ha affrontato diversi generi musicali, non ultimo il musical (la scorsa stagione, in Scandinavia).
Oggi, l’indimenticato autore di Giulia e di Luna si toglie più di qualche sfizio, come far uscire su iTunes tutti i suoi vecchi album e – soprattutto – realizzare un album “robusto”, con arrangiamenti orchestrali “veri” (non digitali) e in buona sostanza senza troppi orpelli che non siano note davvero suonate.
Il Bar del Mondo è un (gran bel) disco che nasce dall’osservazione delle cose e delle persone. Con l’occhio dell’artista, ovvio.
Ne abbiamo approfittato per fare una lunga chiacchierata con Gianni Togni, per parlare dei suoi testi e della sua immensa collezione di dischi. Ma non solo. È stata anche e soprattutto l’occasione per guardare dal punto di vista di un Artista (con la maiuscola) lo stato attuale delle cose, a cominciare dall’impoverimento culturale del nostro Paese.
Gianni Togni, La Comparsa
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RockShock: Charles Bukowski diceva che “La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto”. Il bar del mondo, appunto.
Gianni Togni: Sì, è esattamente quello che penso. Un artista non fa altro che prendere spunto da quello che già esiste, ma gli altri non riescono a vedere. Aggiungerei che il bar è un magnifico teatro da dove trarre ispirazione. Un drammaturgo non saprebbe inventare personaggi e storie così interessanti come quelle che scorrono continuamente su quel palcoscenico.
RS: Ti confesso che sono andato a leggermi altre interviste che hai rilasciato di recente e ho colto, in tutte, un rigetto verso tutto ciò che è mainstream: i motivetti orecchiabili, le radio che sono pagate per passare le solite canzonette, i ritmi e gli arrangiamenti tutti uguali, l’audience distratta e superficiale che si lascia uniformare, la tv ingolfata di format. Come si interrogava un altro tuo collega: per colpa di chi?
GT: Le colpe di una situazione culturale generalizzata così deprimente nel nostro Paese sono di tanti, e partono da lontano. I media, in generale, sempre più interessati a lucrosi interessi privati che non all’onesta informazione pluralista, hanno lobotomizzato le ultime generazioni, grazie anche a un assurdo vuoto legislativo e un’inspiegabile cecità giudiziaria.
RS: Ho letto anche che, di solito, componi dalle 17:00 alle 19:00, subito prima di entrare in studio. Durante il resto della giornata ti nutri di ciò che ti gravita intorno. È un metodo interessante. Anche tu usi ancora il caro vecchio bloc-notes?
GT: Sì, appunti e testi delle canzoni li scrivo sempre con la biro su fogli A4 e sono immancabili anche in sala d’incisione.
RS: L’apertura orchestrale di L’Arco e La Freccia lascia spazio ai suoni asciutti ed essenziali della chitarra acustica e del piano che sfociano prima in un inciso rock e quindi in uno quasi latino per poi, alla fine, ritornare all’inizio. Ho fatto un’associazione strana tra questi arrangiamenti variegati e la strofa “Cerco ancora me stesso nella totalità”. Solo suggestione la mia?
GT: Il brano L’Arco e la freccia racconta del faticoso, felice rapporto dell’artista con il foglio bianco, una ricerca infinita che genera continui ossimori, anche psicologici. Questa continua ricerca mette in movimento, nella mente dell’artista, un altalenare tra il sé e ciò che lo circonda. Musicalmente mi sono ispirato, nelle parti strumentali, al rock progressive dei King Crimson e alle armonie sognanti della Incredible String Band, mentre nella partitura cantata ho tenuto conto della magnifica eredità che ci ha lasciato Nick Drake.
RS: In La Cosa Più Normale canti “Gente che parla sempre di sé, la lascio fare, sto male”. Viviamo in un’epoca incentrata sull’egocentrismo dove tutto ciò che va per la maggiore ed è forma comunicativa di massa si basa proprio su questo principio. Nei reality-show si espone al pubblico ludibrio un’intimità di plastica, nei talent-show l’individualità compete sul tappeto di un buonismo artefatto, il gossip potrebbe tranquillamente definirsi una foto posata artatamente sfocata, sui social network il signor Rossi lancia allo sbaraglio fatti e pensieri in un bombardamento scellerato dagli effetti reali spesso “inconsapevoli”. Non finirà mica che i più giovani, “gira gira, questa vita non sapranno mai cos’è”?
GT: Purtroppo il mondo sarà sempre più diviso tra cittadini che “scelgono” e quelli che “si fanno scegliere”. Quando nasce un élite la vera democrazia è in pericolo. Nei social network, dove la gente crede di potersi esprimere liberamente, arrivano quasi sempre commenti populisti e “di pancia”, frasi scontate e di getto, ma quasi mai pensieri originali scaturiti da un doveroso approfondimento. Diventiamo sempre più pigri mentalmente e interessati solo a ciò che è facile, immediato, siamo diventati ”i re del Bignami”. Tutti cantano e nessuno ascolta, tutti scrivono e nessuno legge.
RS: Se fossi il proprietario di un negozio che vende felicità, ne metteresti un po’ in saldo?
GT: La felicità non si compra, per fortuna, perché bisogna saperla raggiungere con i propri mezzi e comportamenti quotidiani adeguati, e chi pensa di riuscire a ottenerla facilmente, tramite il possesso di un oggetto inutile e pubblicizzato, alla fine ne ricaverà solo noia. La leggerezza, il sapersi divertire, lo stare bene con se stessi e con gli altri, secondo me, dipende esclusivamente dalla personale capacità di approfondimento sulle cose, anche le più apparentemente semplici, della vita.
RS: “Il cinema è finzione, come la realtà”. Meglio essere attori, registi o comparse?
GT: Meglio essere se stessi seguendo la propria indole, piuttosto che sentirci falliti quando percorriamo strade indotte dalle convenzioni. Le intelligenze sono tante e diverse, nessuna migliore o peggiore delle altre. Tutti abbiamo bisogno di tutti. Svolgere bene il proprio ruolo nella società, che sia di attore, regista o comparsa, è l’unica scelta importante da fare.
RS: In un brano sostieni che il successo ti seduce ma può abbandonarti da un momento all’altro, lasciandoti comunque soddisfatto a metà. Se è vero che il senso della vita è la ricerca della felicità, non credi che trovarla significherebbe essere condannato ad un ergastolo di noia e insoddisfazione?
GT: Secondo me inseguire il successo “visibile” a tutti i costi è una delle più grandi stupidaggini che si possono fare in questa breve vita, perché è il successo che ti trova, mai il contrario. La noia e l’insoddisfazione sono sempre in agguato quando desideri un ruolo che non ti appartiene veramente. Il talento non s’impara né si compra, e ognuno ne possiede almeno uno ma non tutti se ne accorgono, o lo vogliono seguire. Meglio un ottimo falegname che un pessimo attore.
RS: Se la vita fosse una TV via cavo e avessi in mano il telecomando della tua, su che canale metteresti?
GT: Guarderei un canale multietnico.
RS: So che sei un collezionista di più di 5.000 vinili. Me ne dici 5 che mi lascino intuire gli altri 4.995?
GT: In realtà non ho contato quanti vinili ho comprato fino a oggi, e credo che mai lo farò, quindi il numero cinquemila è puramente indicativo, come a voler dire “tanti”, da appassionato. Io non ascolto solo un “genere”, quindi la risposta a questa domanda diventa complicata; proverò a dare un’indicazione per ogni decennio (saltando titoli e artisti più famosi del rock, e anche scontati per un collezionista) e che ascolto spesso con piacere.
Anni ‘50: “IN THE WEE SMALL HOURS”, Frank Sinatra (ristampa anni ’80 mono)
Anni ’60: “PTOOFF!”, The Deviants (prima stampa inglese)
Anni ’70: “SOLID AIR”, John Martin (prima stampa inglese e italiana)
Anni ’80: “HATS”, The Blue Nile (prima stampa inglese)
Anni ’90: LADIES AND GENTLEMEN, WE ARE FLOATING IN THE SPACE Spiritualized (prima stampa USA)
Anni ’00: “YANKEE HOTEL FOXTROT, Wilco (prima stampa USA)
RS: E uno che potrebbe assomigliare a Il Bar del Mondo?
GT: Dovrei metterne insieme più di uno, e di diverse decadi, ma se vogliamo rimanere nel contemporaneo farei un misto tra gli ultimi LP di Ryan Adams, Beck, Divine Comedy e Decemberists, tanto per citarne alcuni.
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