Gaben s’è fatto notare come collaboratore di Mauro Ermanno Giovanardi, Francesca Lago e Violante Placido. Da parte nostra c’eravamo occupati del cantautore pescarese sia all’uscita del suo esordio del 2010, Cane, e sia in occasione della sua seconda fatica, Vado.
Abbiamo raggiunto Gaben per meglio approfondire il suo punto di vista e la sua visione artistica.
Intervista a Gaben
RockShock. Alessandro, tagliamo la testa al toro e parliamo subito di cose concrete: gente come te che suona da vent’anni ne avrà viste di cotte e di crude. Com’è davvero lo stato di salute della musica italiana oggi?
Alessandro Gabini / Gaben. Dal mio punto di vista una merda. Quelli dell’indie che fanno la fila per diventare mainstream, le discografiche fanno solo quelli dei talent… In Italia viviamo di riflesso, si copia dall’estero, facciamo finta.
RS. Tu affianchi la tua carriera di musicista a quella di produttore e di artista visivo. Quale delle tre ti dà più soddisfazione e quale è la più difficile?
G. Il disegno è la cosa più intima che mi fa sentire più protetto, suonare uno strumento mi fa sfogare, lavorare per qualcun altro mi fa litigare.
RS. A proposito del tuo lavoro visuale, da poco è uscito il videoclip di Tutto Gratis, estratto dal tuo ultimo album Vado. So che è stato interamente realizzato da te con un approccio che definirei quasi punk. Come mai hai sentito la necessità di fare un video con una chiara matrice minimal?
G. Perché mi piacciono le cose semplici e scarne e poi non avevo budget per un video con effetti speciali in postproduzione.
RS. Tutto Gratis è uno dei brani più ruvidi e diretti del tuo ultimo disco. Una critica abbastanza feroce ad un andazzo che ha contagiato praticamente tutto il mondo della comunicazione. Il video poi è ancor più incazzato, ma stavolta col mondo: donne-arpie, talent show, cartoni animati. Tiri giù dal piedistallo anche Batman e Wonder Woman fino a che tutto viene risucchiato giù nel vortice in una specie di Armageddon televisivo. Da dove hai preso l’ispirazione per la sceneggiatura?
G. All’inizio avevo alcune idee, poi sono stati i disegni a guidarmi; desideri, storie finite male, ricordi, frustrazioni, carote indigeste hanno preso possesso di me così ho dovuto esorcizzare.
RS. Torniamo al disco: Vado è un po’ la summa di tutto il tuo percorso musicale. Dentro c’è una commistione di generi ed ispirazioni diverse. Quanto è stato difficile far convivere all’interno di un disco tutte queste facce, ma soprattutto: quale di queste è più Gaben?
G. Al momento la traccia che sento più vicina è l’ultima che da il titolo al disco; in realtà quando ho capito che segando via le melodie vocali potevo spaziare di più musicalmente è stato molto divertente.
RS. L’ultima domanda un po’ nostalgica. Hai iniziato con i Giuliodorme; ricordo il video di Non Sei Tu in heavy rotation sui canali musicali dell’epoca ed io che la cantavo a memoria. A riascoltarla oggi quei suoni, quegli arrangiamenti, sono ancora attuali, forse più contemporanei di quanto non lo fossero allora. Perché una band così ad un certo punto si scioglie e quanto conservi di quella esperienza?
G. La band si è sciolta perché Giulio ha avuto problemi alle corde vocali.
Io ero uscito anche prima per litigi.
È stata una storia frammentata e dolorosa. Giulio poi ha prodotto il mio primo disco e Andrea suona in quest’ultimo, in qualche modo c’è ancora un legame.
Usate questo link per ascoltare l’album Vado: https://soundcloud.com/vinarecords/sets/gaben-vado/s-H3Udv
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