“Si può essere un cantautore senza essere un intellettuale. Si può scrivere grandi canzoni pop senza guardarsi per forza indietro. Si può vivere in una piccola città di provincia, ma saper raccontare il mondo. Si può riflettere sulla vita accennando il sorriso del pagliaccio”
Queste sono le parole di Emil per descrivere se stesso e il suo album d’esordio.
Incuriositi, non potevamo non avvicinare il cantautore di Cantù e approfondire il suo pensiero e, soprattutto, la genesi del suo primo album.
Piccolo Pagliaccio Italiano (prodotto da Lorenzo Magnaghi e pubblicato da Warner Music), appena uscito e anticipato dal singolo Milano No (l’inno di una città che non si accontenta delle biciclette a noleggio nata grazie al centinaio di lamentele che i milanesi hanno pubblicato sul blog “LamentaMi”).
Rockshock. Ciao Emil e benvenuto sulle pagine di RockShock.it Leggo sulle tue note che hai trenta anni. In un music business sempre più dominato dai giovanissimi … tu … dove ti sei nascosto fino ad ora?
Emil. Recentemente in studio, prima ancora a valutare l’ipotesi di fare il musicista prima ancora a suonazzare la chitarra in garage.
Rockshock. Parliamo di Piccolo Pagliaccio Italiano, il tuo disco. Iniziamo proprio dal titolo. Chi è il pagliaccio? Tu o il politico di turno?
Emil. L’italiano medio compie piccole pagliacciate ogni giorno. Volontarie e involontarie. Non cose per forza gravi. Anzi, anche cose buffe, come nei film di Alberto Sordi. Però quando fai il politico non puoi comportarti come il cittadino medio. Perché hai diversa responsabilità e all’estero fai una figura di merda.
Rockshock. Parlando a chi non ti ha mai ascoltato, come suona il tuo disco e perché il pubblico dovrebbe/potrebbe avvicinarvisi?
Emil. Perché volevo scrivere una canzone che piacesse contemporaneamente a chi conosce i Beatles a memoria e a chi ascolta la radio solo al supermercato. Forse ho iniziato proprio per questo e secondariamente mi sono applicato nei testi. Dico “mi sono applicato” nel senso che i testi sono sempre stati una cosa fondamentale per me, che avevo provato a scriverli fino a un certo punto.
Rockshock. Qual’è la musica che hai masticato di più, quella che ti è piaciuta di più e che, più o meno sotto pelle, ti ha influenzato?
Emil. Ascoltavo i Pink Floyd nella pancia di mia mamma mi ha battezzato battisti sono uscito di casa col grunge andavo a vedere concerti di punk italiano negli anni 90 (i Digestionecho, prima band di Francesco Facchinetti erano i miei preferiti), sono rientrato molto stanco,, ascoltando Mezzanine dei Massive Attack, mi sono addormentato con Moon Safari degli Air, ho sognato Burzum, adesso ascolto la radio.
Rockshock. Tra i tuoi “padri” musicali possiamo anche nominare Rino Gaetano?
Emil. Magari! Per alcune scelte nella produzione dei pezzi forse (chitarre acustiche, percussioni per esempio) per quanto riguarda la scrittura lui era molto surreale e anch’io un po’ lo sono. In vita avrebbe meritato di più. Mi fa piacere che almeno sia stato riscoperto ora. Un vero genio.
Rockshock. Scrivi musica e testi delle tue canzoni. Hai anche suonato tutto da solo? E, in breve, vuoi parlarci del tuo processo creativo?
Emil. Registro provini in cucina con un microfono di plastica: fanno schifo, ma sono già la brutta copia dei pezzi finiti, almeno stilisticamente.
Rockshock. Nella title track, Piccolo Pagliaccio Italiano, parli di una “stronza”. Non voglio sapere chi è, ma semplicemente fare una riflessione insieme a te su come il linguaggio nella canzone italiana è cambiato, dal vaffa di Masini in poi, per non parlare di Dalla tanti anni prima (che però era una eccezione), sdoganando le parolacce.
Emil. Ricordo che in televisione negli anni ’80 non si dicevano parolacce, mc’erano già le tette del Drive In ma le parolacce no; ora le abbiamo tirate fuori tutte, ma rimane vietatissima la bestemmia (escludendo Berlusconi); non voglio dire che l’Italia stia peggiorando anzi, forse siamo più sinceri ora.
Rockshock. Nell’album ci sono alcune ”fotografie” sociali lucide e spesso sconfortanti, con commenti amari – ad esempio – sul tasso di divertimento sicuramente più alto in un balera piuttosto che in una discoteca.
Emil. Senza ripetere le frasi di mio nonno (al quale guarda caso oggi do ragione), penso seriamente che chi è più anziano sappia divertirsi meglio. Noi abbiamo avuto tutto per farlo; io personalmente arrivato a un certo livello ho iniziato ad annoiarmi e sono tornato indietro. Adesso mi diverto con delle cazzate senza senso.
Rockshock. … e poi nel tuo disco in qualche modo si parla anche di Vasco.
Emil. Vasco è un grandissimo interprete e un grandissimo autore, ma a parte questo cerco sempre di capire che tipo di persona ci sia dietro. Credo sia una persona molto profonda, mi piacerebbe berci una birra insieme e farmi dare qualche consiglio. Almeno fra le righe, come con le canzoni.
Rockshock. Concludiamo questa breve carrellata sui pezzi dell’album col singolo, Milano No. Di che parla? Come è nato?
Emil. Ho fatto una carrellata sui luoghi comuni che si sentono più spesso su Milano, l’ho scritto per il Coro delle Lamentele di Milano e quindi dovevo obbligatoriamente generalizzare. Milano credo sia una città di cui ci si lamenta volentieri; a me piace solo la sera d’estate.
Rockshock. E quindi … prendendo spunto da due tue canzoni … meglio sognare di essere una rockstar o pensare a pagare il mutuo?
Emil. Meglio guardare la realtà. Spesso chi lavora e paga il mutuo per una vita è una vera rockstar, lì non ci sono chiacchere, tirare la fine del mese è una cosa eroica e prenderla in maniera folle e spericolata spesso è l’ unica soluzione. Una volta ho aiutato un mio amico muratore in un lavoro, a un certo punto mi ha detto: noi non siamo muratori, siamo i Rolling Stones!
Gli ultimi articoli di Massimo Garofalo
- Platonick Dive: recensione di Take A Deep Breath - October 23rd, 2024
- Francesca Bono: recensione di Crumpled Canva - October 17th, 2024
- Permafrost: recensione di The Light Coming Through - October 15th, 2024
- Visor Fest 2024 (dEUS, The Charlatans, The Mission, Kula Shaker...): ecco com'è andata - September 30th, 2024
- Monolake: recensione di Studio - September 27th, 2024