Linea 77
Roma, 9 aprile, Circolo degli Artisti
live report
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Il tour per la promozione del loro ultimo disco 10 è incominciato all’inizio di questo aprile e stasera per i Linea 77 è il turno della “città dell’imperatore”, Roma.
La band di Venaria Reale rende omaggio alla capitale con un’esibizione davvero carica di energia e ovviamente la risposta del pubblico romano non tarda ad arrivare: l’atmosfera è satura di un magnetismo che attrae i corpi sotto il palco trasformandoli in un’ unica marea viva e scalciante, che riempie l’aria di voci e respiri pieni d’affanno. I Linea 77 giocano il ruolo degli incantatori di serpenti, infondono il ritmo e scandiscono i tempi delle danze impazzite del pogo.
Il pubblico non demorde nemmeno di fronte agli estratti dell’ultimo album, al quale viene dedicato molto spazio nel corso del concerto: il livello di coinvolgimento è massimo e raggiunge l’apoteosi già sulle prime note dei pezzi storici, Evoluzione, Inno all’odio e Moka tra tutti. In chiusura c’è Touch, che lascia il pubblico nella speranza di eventuale bis che sfortunatamente non arriva. Ma in fondo non è forse vero che “un piacere perfetto lascia sempre insoddisfatti”?
In occasione della data romana al Circolo degli Artisti, abbiamo incontrato i Linea 77 per farci dire la loro sull’ultimo lavoro, sulla carriera decennale e… sul tempo che passa.
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Intervista a Dade e Nitto (Linea 77)
di Delia Bevilacqua e Massimo Garofalo
RockShock. E’ appena uscito “10”, il vostro nuovo album che sembra basato attorno ad una specie di cabala sul numero 10…
Dade. Innanzitutto sono dieci canzoni, tutte molto slegate tra loro: contrariamente ad un concept album come Horror Vacui, qui ci tenevamo a sottolineare che si tratta di dieci episodi diversi ed indipendenti, senza un reale filo conduttore. Inoltre esce nel 2010. Poi siamo alla nostra decima uscita discografica, se si considerano anche i dvd e i demo.
Nitto. Il 10 è anche il numero di Maradona e per finire l’1 e lo 0 sono alla base del codice binario, che è un linguaggio molto ricorrente ed utilizzato.
RockShock. Un elemento unificante nel nuovo album è invece l’uso della lingua italiana. Avete abbandonato definitivamente l’inglese?
Nitto. Piano con queste parole grosse…“abbandonato”! (ridono).
Dade. Diciamo che siamo molto pigri: inizialmente avevamo intenzione di fare una doppia versione dell’album, un progetto che c’eravamo ripromessi di realizzare da diverso tempo. Ci piace molto scrivere in italiano, ma anche farlo in inglese e con l’occasione andare fuori all’estero. Quindi l’idea all’inizio era di pubblicare un album interamente in italiano e poi realizzarne anche una versione esclusivamente in inglese, ma in realtà ci siamo accorti che da lì alla realizzazione pratica ci sarebbero state non poche difficoltà, dal momento che è impossibile ritagliarsi il tempo necessario, tra l’inizio del tour ed il resto degli impegni che comporta. Comunque quella resta l’intenzione, anche se ora come ora non sapremmo dire come portarla a termine.
RockShock. Quindi ritenete che la ricezione dell’album all’estero sia molto influenzata dalla lingua che utilizzate nei vostri pezzi?
Dade. Sì, assolutamente. Distribuendo a livello internazionale un album come Horror Vacui, che a nostro parere è uno tra i nostri dischi più riusciti, ci è stato fatto spesso notare che conteneva troppi pezzi in italiano…
Nitto. …che purtroppo non è tra le lingue più seguite in questo settore, a meno che non si abbiano dei circuiti particolari, come ad esempio la comunità italiana in Spagna o in Inghilterra. Ma vorremmo evitare questo tipo di fenomeno e rivolgerci al pubblico nella loro lingua madre.
RockShock. Per quanto riguarda l’aspetto distributivo vi siete affidati all’uscita con XL di Repubblica, ancor prima dell’uscita nei negozi di dischi. Dietro questo progetto c’è la convinzione che gli ascoltatori siano più disposti a recarsi in edicola piuttosto che nei negozi specializzati, proprio in virtù della crisi discografica che affligge attualmente il mondo della musica?
Nitto. Crediamo che ci si trovi in un punto di non ritorno, nel senso che da questo punto di vista le nuove generazioni hanno nel proprio DNA l’abitudine al download. Non esistono quasi più i cosiddetti “feticisti”, come potevamo esserlo noi, che eravamo magari alla ricerca del vinile piuttosto che del formato cd; è in diminuzione la tendenza a seguire la storia della band attraverso la realizzazione del prodotto in forma completa, dall’artwork a tutti quelli che potevano essere i contenuti. L’aver pubblicato l’album con XL è un incentivo al mercato discografico.
Dade. La cosa triste è comunque che internet si sta impadronendo della vita di ognuno di noi in maniera veramente violenta e il mercato musicale ne sta risentendo moltissimo così come la carta stampata e l’industria cinematografica: quindi è stata una grande cosa venirci incontro e avere l’opportunità di rivolgersi ad un bacino d’utenza maggiore, dato che molta gente compra XL, non solo i fan dei Linea 77. E con questo album ci interessava allargare i nostri confini e condurre la nostra musica in altri binari.
RockShock. Non avete pensato a questo scopo di servirvi di un mezzo di comunicazione come la tv o alcuni programmi, che ultimamente hanno dimostrato di avere molti più ascolti e di favorire le vendite dei cd, di qualsiasi genere essi siano? In fondo continuate a fare le vostre apparizioni solo su Mtv…
Dade. In realtà abbiamo veramente una buona copertura su tutti i network musicali come Deejay TV, Matchmusic, Nat Geo Music. Ovviamente non siamo sulla Rai né su Mediaset, canali a cui non abbiamo mai avuto intenzione di avvicinarci né loro s’avvicinerebbero mai a noi, dato che prendono solo ciò che è in classifica oppure sfruttano una sorta di contenitore e lo trasformano per lanciarlo nel mercato. Noi abbiamo una storia di anni alle spalle e una coscienza. Sarebbe divertente partecipare a programmi come Sanremo, andare, spaccare tutto, perché alla fine servirebbe farsi vedere e per cambiare questo paese di rincoglioniti. Parteciperemmo se fosse possibile farlo come diciamo noi… e con degli ottimi avvocati (ridono). Quindi mai, mai succederà che i Linea 77 vadano a Sanremo.
RockShock. Riguardo ai testi, in questo come anche nei dischi precedenti, c’è un costante riferimento allo scorrere del tempo…
Nitto. E’ una cosa che avverti: soprattutto essendo sempre in strada e girando di città in città ti accorgi di stare invecchiando in fretta. Quindi il tempo è un fattore che ti segna parecchio.
Dade. E’ una di quelle cose che non puoi controllare ed è abbastanza automatico quando si fa dell’arte occuparsi di tematiche come questa, che un po’ come la paura di morire è un sentimento inconscio, ma profondo e comune a tutti. Poi personalmente risentiamo del tipo di vita che conduciamo, che ci costringe ad avere tempi diversissimi da quelli usuali: durante l’ora dell’esibizione ci doniamo al pubblico e abbiamo la possibilità di sfogarci, ma le restanti ventitrè le trascorriamo spesso in noia. Sprechiamo un sacco di tempo, per questo tentiamo di tenerci vivi con i computer, scrivendo i testi mentre siamo in tour a volte. Può essere un lavoro alienante.
RockShock. Ormai avete raggiunto un certo livello di fama nel nostro Paese e alcune giovani band cominciano ad ispirarsi al vostro stile. Un esempio possono essere i milanesi Nemesi, che addirittura vi citano in un loro pezzo, che recita “Spiacenti, ma non siamo i Linea”. Che effetto vi fa?
Nitto. Fico, ma si tratta di un complimento? (ridono)
Dade. In realtà fa impressione…
Nitto. Si parlava del trascorrere del tempo: quando hai un mito lo citi nei tuoi pezzi e sapere di esserlo diventato per qualcun altro non so se ci faccia sentire più vecchi o più orgogliosi. Ma è bello, senza dubbio.
Dade. Sicuramente comunque non può che farci piacere, come vedere ogni sera ragazzi e ragazze veramente emozionati sotto il palco. Noi abbiamo scritto canzoni senza pensare che potessero suscitare tutto questo. Siamo persone che non ci tengono ad avere i riflettori puntati addosso: cerchiamo di gestire il successo per continuare a fare musica, la cosa che davvero vogliamo fare, senza diventare macchiette di noi stessi, come invece fanno molti che riescono a guadagnarsi cinque minuti di fama per poi scomparire subito dopo.
RockShock. E i vostri di idoli? C’è qualcuno che vi ispira nel comporre i vostri pezzi?
Dade. Indubbiamente. Abbiamo iniziato da ragazzini con i Rage Against The Machine, che hanno portato una ventata di freschezza nella musica mondiale, mischiando rock, hip-hop e funky. Quella è stata la nostra ispirazione massima; adesso siamo perennemente ispirati da tantissime cose, dall’ambito musicale a quello cinematografico e letterario.
Nitto. Siamo sempre alla ricerca di novità, sebbene non ci sia più la tendenza a mitizzare niente e nessuno. Magari cerchiamo di capire le ragioni che hanno spinto a determinate scelte piuttosto che ad altre, ma non accettiamo più ciecamente tutto ciò che viene detto o fatto da un proprio mito.
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