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Intervista a Riccardo Fedrigo (Phidge)

In Occasione della recente uscita di We Never Really Came Back, secondo album dei Phidge, Parliamo con Riccardo Fedrigo, chitarrista, autore e seconda voce della band.

intervista-PhidgeLe novità, le differenze con il passato e il nuovo album. Sono questi gli argomenti principali dell’intervista con Riccardo Fedrigo, che ci racconta i Phidge a tutto campo, come se fossimo al bar, con tante risate e senza voler entrare troppo nei dettagli, parlando anche di musica in generale, così da darci un’immagine completa, non solo dell’album, ma anche delle personalità dei 4 ragazzi di Bologna e della loro idea di musica.

Rockshock. Prima domanda prima di passare all’intervista vera e propria…piaciuta la recensione?

Riccardo. (risata) La recensione ci è piaciuta! cacchio certo!.. poi quando si fanno i complimenti noi siamo sempre contenti..

Rockshock. Partiamo dall’album, già il titolo (We Never Really Came Back) dice molto sull’intento che vi siete posti.. è anche una sorta di rottura col passato?

Riccardo. È una specie di rottura col passato, che per forza di cose ci è stata, ma allo stesso tempo è anche un modo di proseguire, quasi un controsenso: non siamo tornati veramente indietro ma allo stesso tempo ci siamo tornati.

Rockshock. A proposito di questo, è anche cambiato il batterista dei Phidge..

Riccardo. Si il ragazzo che suonava prima con noi (Simone) ha fatto altre scelte dopo l’uscita del primo disco, andando a suonare in gruppi più importanti di noi; quindi ci siamo trovati a dover ricostruire da capo tutto quanto, perché non si trattava soltanto di trovare qualcuno che facesse le stesse cose e suonasse come Simone (magari abbiamo anche una visione un po’ romantica della vicenda), ma noi veramente siamo un gruppo che nelle canzoni ha l’esito finale di menate e fatti che non hanno solo a che fare col suonare, sono vite e vicende condivise che poi sfociano nelle canzoni. Per questo è stato complicato, cercavamo qualcuno che stesse bene con noi e contribuisse tanto quanto contribuiva Simone; alla fine dopo parecchio tempo abbiamo trovato Oscar, che è con noi da quasi tre anni, e da quel momento abbiamo ricominciato da capo.

Rockshock. Col nuovo batterista quanto è cambiato in effetti il suono e il modo di comporre?

Riccardo. Secondo me tantissimo, anche se magari chi dovesse sentire i dischi direbbe “boh va beh, più o meno siamo lì”, gli strumenti sono gli stessi e non abbiamo introdotto suoni particolari, ma è proprio cambiato il modo di suonare, di intendere la ricerca intorno ai brani, io la vedo come se fossimo un altro gruppo, con quasi tutti gli stessi componenti ma totalmente nuovo.

Rockshock. Voi siete una band che nei dischi ha una storia e una biografia da raccontare, cosa che con l’avvento dei talent e l’esplosione di cantanti sempre più giovani avviene sempre meno..

Riccardo. Infatti, sia da chitarrista del gruppo, sia da appassionato delle biografie rock e da spettatore (qualche volta) dei talent mi dispiace, mi dispiace perché manca tutto quello che c’è dietro alle canzoni e che è anche una delle parti più interessanti della musica, le canzoni DEVONO avere un qualcosa di cui parlare e qualcosa da raccontare.

Rockshock. E riguardo alle canzoni…Door selected è la canzone di cui vorreste realizzare il video..

Riccardo. Si. Se faremo un video lo faremo di questa canzone, ne stiamo parlando in questi giorni con degli amici di uno studio, e stiamo cominciando a ragionare su questa cosa; è il pezzo su cui punteremo..

Rockshock. Quindi questa è la canzone a cui siete legati di più, che è più rappresentativa dell’album?

Riccardo. Legati di più… no, perché non riesco a dirti a quale canzone siamo legati di più. Più rappresentativa dell’album.…diciamo che quando l’abbiamo scritta abbiamo detto “beh insomma, se mai un  giorno dovessimo fare un disco e dovessimo scegliere un pezzo….sarebbe questo”

Rockshock. La domanda che faccio sempre ai musicisti riguarda le loro influenze musicali,  per esempio cosa c’è nel vostro mp3?

Riccardo. Per quanto riguarda le influenze ci hanno appioppato di tutto, ce ne dicono di ogni! dai Greenday ai Genesis!.

Rockshock. (risata) Greenday mi sembra molto forzata!, io avevo scritto di un richiamo agli Oasis.. e forse al progressive….

Riccardo. Ma questa degli Oasis sai che ce la dicono in tanti? Sinceramente non so il perché, mi fa stranissimo….certo, a me gli Oasis non dispiacevano, però è strano!.. può comunque darsi che venga fuori una cosa del genere da chi ascolta il disco, io però personalmente sono un fan dei Jane’s Addiction, degli Stone Temple Pilots, dei Beatles, degli U2 ecc.

Rockshock. Beh comunque essendo un album molto rock è normale che si facciano paragoni..

Riccardo: Ovviamente! ma ben vengano, nel momento in cui lo mandi in giro a far sentire alla gente, quello che dice la gente va bene.. tutto è giusto!

Rockshock. Oltre che rock io avevo definito l’album come molto molto intimo, si sente veramente tanto questa voglia di raccontarsi.. forse intimo è davvero l’aggettivo più giusto per descrivere l’album..

Riccardo. Assolutamente sì, sia da un punto di vista tematico sia da un punto di vista tecnico, nel senso che rispetto al primo disco, di 4 anni fa, che era musicalmente molto complesso, molto cervellotico, pure troppo, e forse per questo anche poco immediato, con quest’album ci siamo posti l’obiettivo di realizzare qualcosa di più semplice e immediato, anche più facile da suonare. E per quanto ci riguarda l’obiettivo è raggiunto, volevamo andare sul palco e suonare senza troppe menate, e ce l’abbiamo fatta: adesso suonando ci divertiamo moltissimo. E se ci pensi anche questa è intimità, perché c’è modo e modo di trattare lo strumento: un conto è stare attenti a dettagli, tipo spostare la corda da una parte piuttosto che da un’altra, un conto è prendere lo strumento e “sbatterlo” di qua e di là, salire e scendere dal palco tutti sudati con la chitarra che gronda (immagine suggestiva), che è veramente bellissimo.

Rockshock. E a proposito di palco, avete già iniziato il tour? O avete in mente di farlo?

Riccardo. Si abbiamo iniziato il 4 Gennaio a Prato, due giorni prima dell’uscita del disco, che abbiamo pubblicato in occasione del concerto che abbiamo fatto qui a Bologna al Lokomotiv, poi il 12 siamo stati lì da voi a Milano al Leoncavallo, e saremo in giro tutto Febbraio e tutto Marzo, a partire dal 4 Febbraio, quando saremo a Bolzano, dove tra l’altro c’è la nostra etichetta discografica (Riff records).

Rockshock. Oggi è il 31 Gennaio e come saprai in occasione del suo centesimo numero Rolling Stone ha pubblicato la classifica dei cento migliori album italiani di sempre, secondo te chi ci dovrebbe essere al primo posto?

Riccardo. Premesso che l’ho letta e quindi so chi c’è al primo posto, in realtà un album preciso non mi viene in mente, ma avrei messo qualcosa di Gaber, di Lucio Dalla o di Paolo Conte.

Rockshock. Già che lo hai nominato , 48° Gaber e 47° Fabri Fibra? Come la vedi?

Riccardo. Mah.. la prendo come quando Vasco arrivava ultimo a Sanremo!

Rockshock. (risata) Ottima risposta.. tornando a voi.. i Phidge cantano e scrivono in inglese, ed è una scelta che fanno molti gruppi, almeno tra quelli emergenti, per voi è solamente perché l’inglese è più facile e musicale o c’è un motivo più particolare dietro?

Riccardo. Il mio professore di filosofia mi ha insegnato che quando mi fanno domande del genere devo rispondere tutte e due, e quindi ti dico tutte e due. È vero che l’inglese è più facile, ma non abbiamo deciso di scrivere in inglese perché è più facile, anche se per noi è più congeniale perché veniamo tutti da ascolti e formazione anglofona, siamo tutti cresciuti con musica prevalentemente anglofona, o meglio, alle cose italiane siamo arrivati dopo, quindi è principalmente per questo motivo.

Rockshock. E invece il nome anglofono? Per lo stesso motivo?

Riccardo. No quella del nostro nome è una storia diversa, Phidge è anglofono ma fino a un certo punto, nel senso che nello slang “Yankee” vuol dire, più o meno, una parte piccolissima di un qualcosa, un phidge di qualcosa è un granello di qualche cosa, però quando abbiamo scelto il nome non lo sapevamo. Il vero motivo è che Phidge è il soprannome di un ragazzo che era seduto accanto a me la sera che abbiamo deciso il nome del gruppo!.


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