La presentazione è tra una mezz’oretta e le sedie sono già tutte praticamente piene durante il breve soundcheck che Dente sta facendo alla FNAC dei Gigli a Capalle, vicino Firenze, per la presentazione del suo nuovo disco Io Tra di Noi. Messe a punto la chitarra e la voce, decidiamo di andare in ufficio per l’intervista.
Il retro della FNAC è enorme. Camminiamo lungo gli altissimi corridoi per arrivare negli uffici dove ci possiamo sedere e scambiare due parole. Il vino bianco c’è, possiamo inizare.
Negli ultimi due anni hai realizzato molte cose in collaborazione con altri musicisti, come sono nate?
In realtà a me non piace fare le collaborazioni, specialmente quando sono tante, e ne ho fatte tante: Perturbazione, Brunori, Il Genio. Con loro sono nate in maniera molto naturale e nate soprattutto da amicizie. Anche con i Selton, che mi hanno chiesto di aiutarli nell’aggiustare un po’ i testi che avevano fatto in italiano per il loro nuovo disco, è una collaborazione che nasce dall’amicizia. Con Brunori è successo che una volta mi fece sentire il pezzo a casa e venne fuori che sarebbe stato bello fare un duetto. Insomma, collaborazioni con persone che già conoscevo, con le quali andavo d’accordo, in pratica collaborazioni “nate al bar”: ci stiamo simpatici, andiamo a mangiare fuori e diciamo, ma perché non facciamo qualcosa insieme? Niente di costruito o progettato per ragioni di marketing. Tutte cose molto genuine. E mi è piaciuto farlo, per tutti questi motivi, sperando che sia sempre così, perché sono le cose più belle, che ti rimangono nel cuore.
Un po’ m’è dispiaciuto non trovare Dario Brunori nel tuo disco. Lo scambio di partecipazione.
Invece proprio un po’ per “spezzare” questa catena di collaborazioni che ho fatto, ho voluto fare un disco senza collaborazioni. Poi è chiaro che ci sono delle persone che ci hanno lavorato, come Massimo Martellotta che arrangia, ma è proprio presente nel ruolo di arrangiatore, non come ospite speciale, non è una featuring, come avevo fatto nel disco precedente con Gianluca De Robertis che suonava il synth in un pezzo, Vasco Brondi che canta. E poi c’è l’onnipresente Enrico Gabrielli.
Nel momento in cui sei entrato in studio per la realizzazione del disco, le canzoni sono venute fuori come le avevi in testa o hanno subito una trasformazione, magari anche uno stravolgimento, rispetto all’idea iniziale?
In realtà avevo le idee poco chiare quando sono entrato in studio. Anche per questo ho chiesto la collaborazione di un produttore esterno. Ho sempre fatto i dischi come produttore di me stesso, perché prima avevo le idee molto chiare sui miei pezzi. Li portavo in studio già provinati, identici a poi come sarebbero venuti. Ovviamente di qualità inferiore, magari suonati tutti da me, con strumenti finti, però erano quelli. Se ascolti la demo dell’Amore Non è Bello ed il disco, sono identici. Con il nuovo, avendo le idee poco chiare, non avevo una direzione, un suono in testa da dare al disco. Così ho chiesto a Tommaso Colliva di produrre il disco, altra collaborazione nata in modo molto “amicale”. Tommaso lo conosco da qualche anno, la prima volta abbiamo collaborato insieme per il disco con Il Genio, Il Lato Beat. Lui ammirava il mio lavoro, io ammiravo il suo, la collaborazione è nata spontaneamente, vedi sopra. Lui, essendo esterno, non essendo nella mia testa, ha dato una direzione di suono al disco ed ha apportato delle piccole modifiche agli arrangiamenti che avevo fatto con la band in sala prove. Ha tolto ed aggiunto cose. Abbiamo deciso praticamente tutto insieme, discutendone tanto. Non essendo Tommaso un produttore nazista, sa quali spazi ti deve lasciare. Poi io sono anche uno puntiglioso: pur non avendo le idee chiare su come doveva essere, se sentivo una cosa che non mi piaceva, che non mi andava a genio, anche di un mezzo millimetro allora dicevo “No, questa cosa qua no. La voglio un po’ così”. Allora lui, molto paziente e bravo, mi seguiva. Sapeva che io sono così, che ho fatto quattro dischi da solo con la mia testa e sapeva quindi che non ero uno sbandato, uno che avrebbe accettato tutte le sue decisoni e proposte. In ogni caso, volevo provare una testa che potesse darmi un’altra direzione, un po’ anche per paura di ripetermi, di ripetere L’Amore Non è Bello. Facendo sempre tutto da solo, sempre, ci sta di ripetersi e non mi piace l’idea che ciò accada. Il disco nuovo non è che sia “stravolgentemente” diverso dal disco precedente. Volevo che fosse in continuità, cioè che fosse ben chiaro che il disco è un disco di Dente, però ad uno step successivo, più evoluto. Poi alla fine è venuto come ce l’avevo in testa. I provini erano veramente registrati male per dare più spazio alla produzione. Se è cambiato qualcosa, è cambiato rimanendo sempre in linea con ciò che avevo in mente. Anche in fase di mixaggio abbiamo fatto delle modifiche, non stravolgenti, ma sempre in sintonia. Il mixaggio per me è una fase molto delicata, alla quale tengo molto.
Quando le hai scritte le canzoni? Di solito avete la modalità “composizione off/on” in funzione dei tour.
Io non ce l’ho. Scrivo poco, però scrivo sempre. Essendo stato molto impegnato col tour negli ultimi due anni, ovviamente non avevo i pomeriggi da starmene in casa a suonare. Poi non scrivo canzoni perché “devo” scrivere canzoni. In questi due anni ho preso tantissimi appunti, registrati, scritti. A dicembre dell’anno scorso sono andato a mettere insieme tutti questi appunti, anche canzoni vecchie solo abbozzate, ho scritto cose nuove nuove nuove, e sono andato a farlo all’Isola d’Elba. In dieci giorni ho prodotto venti provini che ho portato in studio ed abbiamo scelto le dodici canzoni per il disco.
Lasciamo perdere i mille paragoni con i cantanti italiani nei quali finisci sempre. Quali sono i tuoi ascolti “esteri”?
Ce li ho, ma non sono legati al presente. Uno fra tutti Donovan. Ha fatto delle cose molto molto belle. Non so quanto si senta nella mia musica l’influenza di Donovan. Non ne ho proprio idea. Anche gli Zombies sono un mio ascolto, quelle cose un po’ psichedeliche anni ’60.
Il titolo del disco richiama il “Ed io tra di voi” di Aznavour: un “lui” che si trova fuori luogo tra la sua lei ed un terzo incomodo, che rovinerà la coppia. Vuol dire che nella coppia, te sei l’io che si sente fuori luogo?
La figura dell’io è diversa tra quella mia e quella di Aznavour: nella sua è la metà di una coppia, il mio è il terzo incomodo. Il mio terzo incomodo sono io. Non c’è un terzo incomodo, ma il terzo incomodo sono io. Deriva dal fatto di avere coscienza che, come in quella canzone di Aznavour, un rapporto veniva rovinato da un terzo elemento. Nella mia, un rapporto è stato rovinato da un terzo elemento che fa parte della coppia, io.
Che aggiungere altro?
Dente inizierà il suo tour il 28 ottobre, le date sono già nel nostro calendario.
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