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Illuminati Hotties: recensione di Power

Torna Sara Tudzin con i suoi Illuminati Hotties: in Power, l'indie rock al femminile batte più di un colpo.

Illuminati Hotties

Power

(Hopeless Records)

indie

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Pur avendo ottenuto i maggiori riconoscimenti standosene ‘dietro le quinte’ (per lei anche un Grammy per il contributo alla produzione di The Record delle Boygenius), Sarah Tudzin – in arte Illuminati Hotties – non ha rinunciato a portare avanti in parallelo la propria attività di musicista, mettendo su questa band (tre gli elementi, oltre alla frontwoman) giunta con Power al terzo lavoro da studio.

Tre anni dal precedente disco; in mezzo, la Vita: la perdita della madre da un lato, il matrimonio con la collega Maddie Rose a quello opposto.

Non che i tredici brani di Power sembrino risentire di questi eventi, o almeno: non del tutto esplicitamente, restando probabilmente più tra le righe di un lavoro che fa di una certa leggerezza il proprio filo conduttore, nell’affrontare le incertezze e le insicurezze di chi, avvicinandosi alla quarantina, ha a che fare col passaggio (quasi) definitivo alla maturità.

Si parla di sentimenti, si parla del quotidiano; si parla, ad esempio, di come forse a volte di fronte a continue pressioni sul ‘fare qualcosa’ ci si dovrebbe porre il problema di non farla.

Temi affrontati con piglio e suoni che rimandano in più di un’occasione a un certo indie rock al femminile degli anni ’90, tra le Breeders, quando si tratta di ‘sferragliare’ e, magari, a Kristin Hersh e le Throwing Muses quando si tratta di alleggerire la tensione.

In mezzo parecchia attitudine pop, con pezzi per lo più brevi e (in qualche caso forse un po’ tirati via), interpretati più delle volte coi toni ironici, quando non un filo irridenti, di chi sa che non è il caso di prendere sé stessi e la vita troppo sul serio.

 

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Marcello Berlich
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