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Il Ciclo di Bethe: recensione di Novecento

Da un manipolo di musicisti veterani dell'underground romano nasce Il Ciclo di Bethe. Novecento è il disco d'esordio, che raccoglie ospiti di lusso e che altro non è che una raccolta di sogni infranti, 13 brani che trasudano insofferenza per un mondo dominato da economia e finanza.

Il Ciclo di Bethe

Novecento

(Kulturjam Edizioni)

alternative rock, rock d’autore, rock

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Da un manipolo di irriducibili musicisti dell’underground romano nasce Il Ciclo di Bethe, band che segna anche il battesimo nel mondo della discografia di Kulturjam Edizioni (in co-produzione con Ver.so Productions), costola dell’omonimo quotidiano online.

Novecento è un disco che guarda orgogliosamente al passato, ma non semplicemente con nostalgia, bensì come occasione di analisi per spiegare e interpretare il presente, che pare proprio non piacere ai nostri.

Alexandro Sabetti, il deus ex machina del progetto, s’è circondato di musicisti rodati (Valerio Michetti, Alessandra Bersiani, che ha fatto il mixing, Hermes Leonardi e Ilenia Volpe) ed ha coinvolto un manipolo di ospiti resistenti: Andrea Chimenti, Miro Sassolini, Fabrizio Tavernelli (A.F.A.), Umberto Palazzo (Massimo Volume, Il Santo Niente), Militant A (Assalti Frontali), Enrico Capuano e Riccardo Sabetti (This Eternal Decay). Il tutto per innescare una serie di reazioni nucleari, proprio come quelle che avvengono nelle stelle, causate dal ciclo carbonio-azoto-ossigeno, conosciuto anche come Il Ciclo di Bethe.

Musicalmente il disco si divide tra lenti e suggesivi acquarelli in cui la musica è poco più di un pretesto per poggiare i testi (Novecento e L’Erba Alta su tutte) o sfuriate zeppe di chitarre quasi noise. Questi due mondi, questi due modi antitetici di scrivere canzoni, trovano la loro sintesi perfetta in Se non basta, in cui le liriche cantate a-la-Ferretti da Ilenia Volpe sono incazzate quanto basta e contrappposte a un’atmosfera rarefatta, pronta ad esplodere in un profluvio di chitarre a-la-God Machine.

Novecento è una raccolta di sogni infranti, segnati da episodi apicali (Ferretti e Zamboni), ma anche da “un morbo sacro irresistibile” (cit., Friedemann), 13 brani che trasudano insofferenza per un mondo dominato da economia e finanza, in “rapido shock tra lo spread e il default” (cit., Maria Desiderata).

Tra tentazioni nostalgiche e un diffuso senso di impotenza che caratterizza il presente (“Non posso attendere, ardire, tramare, stare a guardare e campare pretese”, cit., Maria Desiderata) quello che emerge da questo bell’esordio de Il Ciclo di Bethe è un grido di dolore per la mancanza di ideologie, sogni, utopie che caratterizza l’oggi. E allora… non rimane che guardare indietro, al passato, dove ideologie, sogni, utopie e speranze sono esplose, forse proprio per il ciclo carbonio-azoto-ossigeno teorizzato da Bethe, ma fino a un attimo prima della deflagrazione… davano speranza. E non è cosa da poco.

Guarda il video di Il Ciclo di Bethe – La luna (feat. Militant A – Assalti Frontali)

 

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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