How to Destroy Angels
Welcome Oblivion
(CD, Columbia)
industrial, electro
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Anticipato da due Ep, arriva finalmente Welcome Oblivion, il primo disco sulla lunga distanza degli How to Destroys Angels, ovvero il progetto di Trent Reznor con Atticus Ross (con cui ha scritto la colonna sonora premio oscar di The Social Network), Rob Sheridan e Mariqueen Maandig, moglie di Reznor e madre di sua figlia.
Sgombrando il campo da equivoci, dichiariamo subito che il progetto How to Destroy Angels, e l’album Welcome Oblivion, è un’altra cosa dai Nine Inch Nails, pur essendone in qualche modo apparentato.
Welcome Oblivion è un lavoro solo ed esclusivamente elettronico, una spirale di suoni industriali e post-industriali che producono incubi ad occhi aperti, pur non risultando mai violenti. Anche quando ci sono delle chitarre… sono talmente filtrate/processate/stratificate che delle sei corde rimane solo un antico ricordo.
A tratti faticoso, con qualche punta di ingenuità e qualche interessante deriva di matrice soundtrack e hip-hop (Too Late, All Gone), Welcome Oblivion ha decisamente una punta di imbarazzo in Ice Age, un lungo pezzo folk di cui si fa fatica a capire il senso anche a volerlo concepire come una specie di spartiacque tra due parti del disco, cosa che non è. Per fortuna che On the Wing lo fa dimenticare immediatamente.
Mariqueen fa bene il suo dovere alla voce, probabilmente qualche volta “imbeccata” dal marito, ma di certo il suo lavoro, pur apprezzabile, non sarà indicato come memorabile (magari in How Long si fa notare, glielo concediamo).
Tra testi di cupo esistenzialismo e critica alla società dei consumi, tra beat, loop, linee di basso pesanti come macigni e labirinti digitali vari, gli How to Destroy Angels hanno messo in piedi 13 episodi che si fa fatica a digerire tutti insieme non tanto per i suoni “cattivi”, piuttosto per la sostanziale omogeneità compositiva e di sound. A parte la citata Ice Age, non ci sono particolari cadute, ma nemmeno punte di diamante. Il Reznor impeganto in questo Welcome Oblivion ha fatto il suo mestiere e pure bene, ma probabilmente aveva già la testa alla rinascita dei suoi Nine Inch Nails.
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