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Horus Black: recensione di Spinning Rainbow

Per i nostalgici di certe sonorità tra Presley e Morrison, che non sono andate mai in pensione e che mantengono sempre un certo charme d'insieme, Spinning Rainbow di Horus Black è una manna dal cielo.

Horus Black

Spinning Rainbow

rock

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Una tastiera che fa molto “Money Mark” e una voce che è un incrocio tra Elvis Presley e Jim Morrison: si presenta in questo modo l’inizio di Spinning Rainbow, l’EP di Horus Black, al secolo Riccardo Sechi, che ama andare a ripescare nel passato e condurre l’ascoltatore in territori che furono tipici dei magnifici e irripetibili anni sessanta.

La sua musica, mai troppo invasiva, è decisamente interessante, anche se tremendamente retrò, perché le canzoni proposte riescono a stare in piedi da sole, senza artifizi e impalcature sonore che potrebbero rendere pesante il tutto.

Basta dare un ascolto a Beatrice, brano rock al punto giusto, ma con venature tipiche di gente come Hollies e Them per capire il tipo di approccio voluto dall’artista nostrano che dà l’idea di divertirsi come non mai.

La titletrack è un altro bel biglietto da visita che ci regala Sechi, mentre Kill You With Kisses è un episodio più lento e cupo. Siamo nel campo della ballata d’autore, ma soprattutto sembra musica da colonna sonora, volta a descrivere scene tristi o d’addio.

 

Diverso, invece, è il discorso per la più ritmata e rockeggiante The Monster che ravviva, non poco, la scena. Horus Black cerca di imitare in maniera abbastanza chiare il re di Memphis e alla fine vi riesce, mentre la conclusiva Mirror On The Wall è un chiaro omaggio ai Doors che furono, con tanto di cori pomposi e arrangiamenti orchestrali di rilievo.

Per i nostalgici di certe sonorità che non sono andate mai in pensione e che mantengono sempre un certo charme d’insieme, questo lavoro è una vera e propria manna dal cielo.

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Francesco Brunale
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