Helmet
Seeing Eye Dog
(Cd, Work Song)
alternative metal, alternative rock, post-hardcore, grunge, stoner, psichedelia
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Un compendio di metal, grunge, hardcore, alternative rock e psichedelia…A cui fa da trait d’union e da filone unificante e dominante su tutti lo stoner: tutto questo in puro stile Helmet con questo delirante Seeing Eye Dog. Ascoltato e riascoltato, risulta fin da subito un po’ ostico e stucchevole, a partire dalle sonorità, che sono di quel dissonante poco gradevole e francamente un po’ noiosetto, per quanto le capacità musicali del gruppo rimangano indubbie, che alla lunga potrebbe stancare.
Alcuni pezzi, come quelli iniziali, sono un’unione urlata e grattuggiata di hardcore e stoner, un po’ la versione deteriore dei Queens Of The Stone Age, dal momento che la voce di Page Hamilton gratta un po’ e fa un po’ il verso a Ozzy Osbourne, senza effetti particolarmente brillanti, anzi, quasi fastidiosi (So Long, Seeing Eye Dog). Obbiettivamente la parte vocale contrasta molto con quella strumentale, che risulta invece abbastanza gradevole, anche se un po’ pesante. Verso la fine della title track Hamilton si mette a fare i versi simil-pernacchia, manco stesse cercando di mettere in atto gli esperimenti di Demetrio Stratos.
Riff e leit motiv ripetitivi si susseguono e quasi nessun pezzo colpisce per creatività ed innovazione; Welcome To Algiers è una commistione tra alternative rock, punk e ritorno ad un grunge che ricorda Cobain solo lontanamente, ma quando era in fase down. Su questa falsariga, è un continuo scoppiazzare e attingere da diversi pozzi per creare qualcosa di poco convincenti; LA Water scimmiotta palesemente i Beatles di Revolver, contaminandoli con un po’ di Bush, senza ottenere risultati di particolare brillantezza ma prolungando la noia (che gli Helmet vogliano citare i Beatles è sicuro, dal momento che fanno una cover di And Your Bird Can Sing, che forse è anche il miglior pezzo dell’album, a cui vengono aggiunti echi elettronici, ed in cui Hamilton canta meglio).
In Person è una copia ibridata, sia nel sound sia nel cantato, quasi come se Foo Fighters e Smashing Pumpkins si fossero fusi tra loro, dando vita a qualcosa di non ben identificato; Morphing rievoca i Pink Floyd e si impadronisce di nebbiose e remote atmosfere ambient, un po’ inquietanti a dir la verità, oltre ad essere un pezzo leggermente inutile e discordante col resto. Si ripiomba poi in atmosfere molto stoner e grunge con White City, in cui però la storia si ripete spudoratamente, con quell’accento a Dave Growl e, ancor prima a Kurt Cobain, troppo forzato e poco spontaneo; stessa cosa può dirsi di Miserable e She’s Lost (in quest’ultima si può trovare anche qualche eco dei Deftones di Andrenaline, però con maggior psichedelia) .
Spiace davvero che gli Helmet abbiano peccato troppo di mancanza di originalità e di ignavia nell’innovare.
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