Headhunterz
Studio Sessions
(Cd, Scantraxx)
hardstyle, dubstyle, hardtrance
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Headhunterz, vera icona del panorama hardstyle/hardtrance odierno, è lo pseudonimo dietro le cui quinte si cela Willem Rebergen. Come suggerisce il nome è olandese e si è fatto strada rapidamente nel panorama musicale, in particolar modo dal 2004 in poi.
Ex componente della formazione Nasty D-Tunes, in seguito ha fondato la sua sotto-etichetta Scantraxx Reloaded, propaggine della celebre label olandese Scantraxx.
Scoperto e lanciato da un “Menhir” del calibro di The Prophet, negli ultimi anni ha partecipato ai maggiori eventi del genere come: Defqon 1, Q-Base, Decibel, Qlimax e molti altri.
Nel tempo ha poi saputo distillare il proprio particolare suono, che è una complessa miscela composta da hardstyle, hardtrance e completata da gabba e perfino dubstyle (hardstyle+dubstep), quest’ultima chiamata anche nu-style.
Innumerevoli sono i singoli registrati negli ultimi anni, diversi i remix e tre gli album, tra cui quello oggetto della recensione, ovvero Studio Sessions.
Ascoltando le diverse tracce si nota subito che non è il “solito” disco hardstyle, cassa a martello e drum machine con effetto “zanzara”, bensì un’originale ritratto della costante evoluzione dei generi in frammentazioni sempre minori; come supernove che esplodono.
L’album ha 15 brani e inizia con il Dubstyle mix di The MF Point Of Perfection, che alterna battiti quadrati a ritmiche più frazionate, con lo scopo di creare un effetto di spaesamento.
In seguito arriva Psychedelic, brano di rara bellezza post-industriale, che deflagra come esplosivo c-4 con ritmi più cari all’hardtrance, dove melodie “rushing” e basslines corposi si fondono e si alternano ai vocalizzi dell’Mc. Fino alla fine muta in modo repentino e, nel finale, c’è un attacco tracid (trance+acid). Da togliere il fiato.
Non mancano poi le illustri collaborazioni, ad esempio Chukie nell’ipnotica traccia Let The Bass Kick, oppure il versus con i Wildestylez: Blame It On The Muzic, dove battiti gabba si intrecciano con melodie dai toni epici hardtrance.
E non è tutto, perché c’è anche il rework di Raiders On The Sun di Project One, più simile al suono harstyle classico, oppure la parodistica The B-Side di Proppy & Head, dove si inneggia al middle finger. In chiusura c’è perfino The Space We Created in featuring con i Noizecontrollers, dove crepitii metallici sono il sottofondo a vocals intrisi di gabba nel profondo.
Oltre alle sopra citate collaborazioni, ci sono molte altri lavori che meritano un’analisi come Emptiness per esempio. Molto bello il basso avvolgente e particolare è anche la narrazione che si sente a tratti, mentre la melodia è un motivetto orecchiabile, all’inizio. A metà brano essa si inacidisce sostenuta poi da ritmi in quattro.
Anche Dreamcatcher è di un calibro superiore. Si apre con un climax che è solo l’antipasto, poi un synth acido introduce battiti dal sapore quasi goa. Ma non solo, il pattern torna ad addolcirsi, mentre di sottofondo ci sono echi industrial.
In chiusura non si può che rimanere sorpresi in positivo, in quanto Headhunterz rivela diverse abilità, tra cui spicca maggiormente la capacità di saper innovare un genere che, normalmente, ha la tendenza a essere abbastanza statico. Non solo, grande anche il suo contributo nel creare scene musicali sparse in tutto il mondo.
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