Golden Apes
Our Ashes At The End Of The Day
(Icy Cold Records)
goth rock, post-punk
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Cosa resta alla fine del giorno? Cosa resta di noi dopo un accumulo infinito di momenti sprecati nei routinari, incombenti, impegni quotidiani quasi sempre avulsi dai nostri reali desideri?
Metaforicamente un pugno di cenere, quella stessa cenere citata nel titolo di Our Ashes At The End Of The Day, il nuovo album dei Golden Apes appena uscito su etichetta Icy Cold Records.
Dopo l’acclamato Kasbek, full-lenght del 2019 e l’EP di mezzo, From The Sky, il combo tedesco attualmente formato da Peer Lebrecht (voce, testi, keys), Christian Lebrecht (basso), Salomon Bosse (batteria) e Gerrit Haasler (chitarre) torna sul mercato con un disco impetuoso, passionale ma soprattutto coerente.
Venticinque anni on the road tra cambi di formazione, ricerca sonora e costante crescita artistica e individuale, venticinque anni di carriera festeggiati peraltro a metà dicembre con una strepitosa compilation a scopo benefico (l’intero incasso sarà infatti devoluto al “Kinderhospiz Sonnenhof”, ospedale attivo nella cura di bambini gravemente malati) dove artisti internazionali di indiscusso livello come Then Comes Silence, Girls Under Glass, The City Gates, Saigon Blue Rain, Whispers In The Shadow, No More, Ductape reinterpretano 22 brani attinti dal loro repertorio.
Insomma cinque lustri di live e produzioni musicali, cinque lustri spesi (bene) per la musica che continua ad emozionare senza soluzione di continuità, i Golden Apes, attenti osservatori del genere umano, certosini documentatori di introspezioni radicali, sanno come scavare nel profondo e arrivare dritti al nocciolo della questione, è come se dalle cime di un monte o di un eremo perduto scrutassero il passaggio terreno per poi descriverlo attraverso le canzoni.
Sulle cime più alte ci si rende conto che la neve, il cielo e l’oro hanno lo stesso valore, scriveva Boris Vian ed io sono convinta che i Golden Apes abbiano piena coscienza di cosa conti davvero nella vita, per cosa valga la pena lottare e cosa invece risulti accessorio o superfluo.
Our Ashes At The End Of The Day racconta molto del loro percorso, è un lavoro intenso e strabordante di malinconico romanticismo, il sound di chiara estrazione goth rock/post-punk tinto di darkwave appoggia su splendide orchestrazioni armoniche ricche di sfumature e dettagli imprescindibili vedi le chitarre spesso sognanti, il basso corposo e la voce baritonale.
Gli stop and go dell’imponente Fourteen Rivers con la sua fascinosa apertura tribale, si alternano all’ariosa rotondità della title track (primo singolo estratto), poi l’incredibile energia di The Moment I Fell, il tiro eccezionale di Bigotry (And Still…), la tumultuosa inquietudine di Reflections dai vaghi richiami western e il nostalgico brio di Ash Trees (splendido il muliebre mormorio dell’intro).
Lascio per ultima Shine che, come recita il titolo, brilla di una luce particolare, l’intimità inquieta e soffusa delle prime battute deflagra presto in un turbine di passione incontrollabile e si trascina così fino in fondo, nel costante intrico di antitetiche sensazioni che vanno dalla calma imperturbabile all’estremo furore, complice la voce di Peer che come sempre ipnotizza.
Alla fine del giorno, di questo giorno, mischiate alle mie ceneri, restano otto brani di raffinatissima fattura, restano le tante sensazioni provate e i battiti accelerati del cuore… i Golden Apes sono tornati, finalmente.
Golden Apes – Ash Trees: guarda il videoclip
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