God is an Astronaut
recensione concerto Roma, Villa Ada, 10 luglio 2017
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Lo spazio profondo e pieno di stelle è la scenografia principale delle proiezioni di luci dei God is an Astronaut durante il concerto di Roma, a Villa Ada. Lo stesso spazio interstellare dove Dio, astronauta-instancabile-esploratore, viaggia alla ricerca di chissà cosa. Ma con la colonna sonora della band irlandese, ovvio.
Finito di mettere a punto il villaggio che ospita la ventiquattresima edizione di Roma Incontra il Mondo dopo l’infinita querelle burocratica ormai stra-nota, Villa Ada ospita il migliaio di fan dei God Is An Astronaut; la band non ha un album nuovo da un bel pezzo, ma l’occasione di questo tour è la celebrazione di quindici anni di attività. E anche quella di rodare Robin, il nuovo chitarrista/tastierista, dopo la defezione di Jamie, ritiratosi a vita privata.
Il nuovo arrivato non solo s’è dimostrato perfettamente integrato nella band dei fratelli (gemelli) Kinsella, ma ne ha anche approfittato per rivedere abbastanza profondamente le parti di synth, in attesa di mettere del suo per il nuovo album, previsto per il 2018.
Dismessi (Deo Gratias) i camicioni a quadri, dimenticate le mosse da metallari da parrocchia di qualche anno fa, oggi i God Is An Astronaut si presentano nero-vestiti-d’ordinanza e sul palco con movenze parecchio più misurate.
Musicalmente invece sono le solidissime rocce di sempre, con grandi doti sia musicali e sia compositive. E – lasciatemelo confessare – la formula del post-rock basata sulle alternanze e contrapposizioni di piano e fortissimo a me non ha scocciato per niente. Anzi. Ne sentivo persino la nostalgia. Specie se a suonarla non è una band qualsiasi di epigoni, come a volte sono stati ingiustamente indicati i nostri, ma un quartetto che ha innestato una sua propria e riconoscibile cifra stilistica all’interno di un genere collaudato (questo sì, concediamolo ai detrattori).
Come potrete scoprire fra poche righe, la scaletta ha affrontato per bene un po’ tutti gli album della loro carriera, seppure in proporzioni diverse, preferendo brani da All Is Violent, All Is Bright (2005) e dall’ultimo Helios Herebus (2015), concedendo l’assolo di batteria di rito sulla bellissima versione di From Dust to the Beyond.
In circa 100 minuti di concerto, i God Is An Astronaut hanno catapultato i presenti in un viaggio spaziale venato di malinconia, hanno cullato il pubblico con dolci arpeggi di chitarra, gli hanno smosso le viscere con bassi profondissimi (complice l’ottimo impianto audio), per poi finirlo strappazzandolo ben bene con assalti furiosi all’ultima pedaliera.
Hanno promessi di venirci a trovare di nuovo il prossimo anno. Ho fatto un nodo al fazzoletto: ci conto.
Setlist – scaletta concerto God Is An Astronaut, Roma, Villa Ada, 10 luglio 2017
- Pig Powder
- Age of the Fifth Sun
- Echoes
- Snowfall
- Vetus Memoria
- Point Pleasant
- Helios | Erebus
- Red Moon Lagoon
- All Is Violent, All Is Bright
- Fragile
- Centralia
- Forever Lost
- From Dust to the Beyond
- Route 666
- Suicide by Star
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