AdBlock Detected

Stai usando un'estensione per bloccare la pubblicità.

RockShock.it dal 2002 pubblica contenuti gratuitamente e ha la pubblicità come unica fonte di sostentamento. Disabilità il tuo ad block per continuare.

Give Vent: recensione di Everything Happens At The Same Time

Ci sono delle proposte che arrivano dal nostro Bel Paese che si rivelano davvero interessanti e, soprattutto, coraggiose. Un esempio in tal senso può essere fatto per il progetto Give Vent.

Give Vent

Everything Happens At The Same Time

rock

______________

Ci sono delle proposte che arrivano dal nostro Bel Paese che si rivelano davvero interessanti e, soprattutto, coraggiose. Un esempio in tal senso può essere fatto per il progetto Give Vent, nato nell’ormai lontano 2013 da un’idea illuminata di Marcello Donadelli (You vs Everything, Moscova, GRES). Nel corso degli anni questo iniziale diversivo si è trasformato in una vera e propria rock band, con tanto di formazione a quattro elementi che è riuscita a trovare una sua collocazione, in particolar modo, all’estero dove viene, ad oggi, molto apprezzata dagli appassionati.

Everything Happens At The Same Time è un disco molto temerario, perché unisce un lato acustico assolutamente prevalente a un’attitudine di dimensione punk-emo che trova in gruppi seminali come Rival School, Quicksand e Far i suoi fari guida. È il cantato di Donadelli che ricorda in molti casi quello di un’icona come Jonah Matranga e questo aspetto ci fa ripiombare a metà anni novanta quando le summenzionate band avevano trovato una giusta collocazione all’interno del mercato alternativo. Le canzoni, pertanto, hanno uno sviluppo molto particolare, perché sembrano andare su più direzioni. Oltre alla fase acustica, è l’approccio tipicamente alternative che si rivela determinante.

 

In un primo momento ci sarebbe da essere spiazzati, ma con il passare degli ascolti ci si rende conto che la carne al fuoco non manca. Brani come l’ottima Incredible, la psichedelica Love And Bones, la cadenzata Death By Comfort o l’opener Waiting hanno tutto per poter essere apprezzate, in particolare maniera nei ristretti ambienti alternativi esteri. Sarebbero state perfette (dobbiamo dirlo con assoluta schiettezza) in anni come il 1996-1997, ma oggi lasciano qualche punto interrogativo per la fruibilità che esse hanno per il pubblico a vasta scala.

Ad ogni modo, a chi scrive questo lavoro piace, perché se si scannerizza l’insieme si finisce per essere ammaliati da tracce come la quasi post punk Not Alone o la sussurrata Long Goodbye che chiude un disco che non è per tutti, in quanto complicato e molto profondo.

https://www.facebook.com/giveventmusic

Gli ultimi articoli di Francesco Brunale

Condivi sui social network:
Francesco Brunale
Francesco Brunale
Articoli: 271