Giant Sand
Blurry Blue Mountain
(Cd, Fire Records)
alternative country, alternative rock
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I Giant Sand festeggiano in questo 2010 un quarto di secolo dal loro debutto discografico (Valley of Rain), e quale occasione può essere reputata migliore per promuovere un nuovo album se non questa? Eccovi allora Blurry Blue Mountain! Certo, a dirla tutta, l’unico membro resistito a questi venticinque anni (che non sono pochi) di vita del gruppo è il solo Howe Gelb, il “padrino dell’alt. country”. Ma, tant’è, comunque il traguardo è di quelli che meritano una degna celebrazione.
Come detto in fase di presentazione, proiettiamoci nella tranquillità di un’abitazione campagnola texana, col sole che alto picchia sulle lontane alture, immergendoci in un’atmosfera di stasi che concilia il rimembrare ciò che è stato. Tra nostalgia e dubbio, ecco dove porre Blurry Blue Mountain, con le sue dolci melodie country e un po’ folk, e con le improvvise, e rare, intromissioni di chitarra distorta. Il tutto condito dalla sempre pacata e sussurrante voce di un Gelb, che, ovviamente, la fa da padrone.
Poche pecche (The Last One e Ride the Rail) e un equilibrio quasi permanente, ma non eccessivo né fastidioso. In più alcuni brani davvero ottimi. Questo è in sostanza Blurry Blue Mountain. Mediamente, un album da acquistare, senza pretese, senza delusione. Godibile.
Lasciandosi cullare dall’intimità delle varie tracce possiamo mettere in rilievo la numero quattro, Monk’s Mountain, un brano dal sapore country, oltre sette minuti dominati dalla chitarra del “padrino”, che in un’atmosfera sempre leggera ma più cupa ed impercettibilmente angosciata, si concede ad un pensieroso ascolto. Molto bella poi la sequenza dei brani nove e dieci, ovvero No Tellin’ e Brand New Swamp Thing, due canzoni differenti fra loro, l’una delicatissima e dolcemente intensa, l’altra acremente alternativa, con una miscela di voce e chitarra che,vagamente, riporta alla mente il signor Knopfler, il tutto con risultato più che positivo.
Apprezzabile, inoltre, la tredicesima e penultima traccia Better Man Than Me, altro pezzo più ombroso rispetto alla media dell’album, ma dotato di un’interpretazione da parte di Gelb veramente trascinante, che sembra farci notare come il sole che prima brillava intensamente ora si sia nascosto dietro nubi minacciose e preoccupanti, come fosse rimasto da noi deluso. Difatti, la parte finale del brano risulta la più carica dell’intero album, rinvigorita da un’incomprensibile accenno d’ira.
È difficile rimanere originali quando si ha alle spalle una carriera tanto lunga e producente, e di ciò in qualche modo anche Blurry Blue Mountain può essere una prova. Tuttavia, è ammirabile la volontà del cantautore di continuare a portare avanti un progetto musicale che senza la sua leadership sarebbe sicuramente morto da molto tempo. Ed il fatto che poi da questa volontà si riesca ancora a cavar fuori un lavoro assolutamente dignitoso è non solo apprezzabile, ma anche consolatorio, in quanto fa capire che dove permane la passione, permane anche la speranza; ed è raro ormai vedere quest’ultima resistere tanto tempo. Perciò, auguri Giant Sand!
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