Gianmaria Simon
L’ennesimo Malecon
(Vrec)
balcanica, canzone d’autore
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I fondamentalisti di un certo soffio “meticcio” che fa man bassa d’arie manouche, profumi zingari, milonghe passionali e strascichi balcanici per arrivare addirittura dentro a nicotinici avanspettacoli della Berlino degli angoli, avranno più di un motivo per essere soddisfatti e avvinti dall’esordio del “cantastorie” Gianmaria Simon, L’ennesimo Malecon, un disco dalle mille rotte, direttrici e inequivocabili strappi di libertà dai consunti dogmi cantautorali; il suo è un perenne viaggio tra sogni e mete, tra bordi e storie dissolute che fanno respirare vita ai margini e amori dei tocca e fuga.
Nove inediti e due diamantini rivisitati come Dance to the end of love di Cohen e un pensiero ad Apollinaire e Ferrè in Marizibill, sono la somma estetica di un disco dalla mirabile lievità d’ascolto, un delicato e ricco trainspotting stilistico che – oltre all’inconfondibile “aroma coloniale” che si porta dietro – da una chiave di lettura aperta, che non distrae l’attenzione ma la focalizza in tutte le sfumature possibili.
Assonanze a Bandabardò nelle vorticose Ussaro, Romalen, echi di Capossela in Calò, il tratto sornione di stampo Conte Lo mismo de ti o lo swing jazzly buscaglionano che americaneggia né Il baro lasciano il cuore spalancato come un porto di mare che ci da la certezza di un artista, Simon, che firma un disco in cui la piacevolezza retrò dell’ascolto si mischia ad una ricercatezza anarchica di pregio, fuori dalla formalità, dentro una umanità libera.
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