Frigidaire Tango
L’Illusione Del Volo
(Cd, La Tempesta)
new wave
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Siamo all’inizio degli anni Ottanta. Bologna è una città creativa e vivace sotto diversi punti di vista: il DAMS sforna talentuosi artisti sempre più innovativi; lo scrittore Piervittorio Tondelli, una delle voci più geniali della sua generazione, dà nuova forza alla scena letteraria; in ambito musicale, invece, nascono gruppi imprescindibili come Diaframma, Litfiba e, a pochi chilometri da Bologna, CCCP, che costituiscono la declinazione nostrana della New Wave.
Ma ben pochi sanno che la New Wave italiana non nasce a Bologna, e nemmeno in Emilia. Nasce invece in Veneto, e più precisamente a Bassano del Grappa, con un nome che oggi ci dice poco, ma che in quegli anni era preso come modello dai gruppi sopracitati. Stiamo parlando dei Frigidaire Tango.
Nati nel 1977, bruciano e si consumano nell’arco di pochi anni: lo scioglimento ufficiale avverrà infatti nel 1986, dopo un concerto epocale. Da allora di loro si è saputo poco o nulla. Nel 2006 è uscita una raccolta, The Freezer Box, che contiene i due unici Cd che hanno inciso più un live. Ma alla prospettiva di ritornare nell’anonimato i Frigidaire Tango si sono ribellati, e sono tornati in studio per dare alla luce un nuovo album, L’Illusione Del Volo.
Rispetto al passato i testi sono in italiano, c’è qualche virata verso l’elettronica, ma il sound è quello cupo della New Wave, enfatizzato dall’uso del synth. Anche le collaborazioni si ricollegano a quel periodo e alla musica che della New Wave è figlia: Federico Fiumani dei Diaframma, Fabio Trentini dei Guano Apes, H-Block, Aldo Tagliapietra de Le Orme, Diego Galeri dei Timoria e dei Miura e Miss Xox di Great Complotto. La produzione è invece affidata all’ex CCCP e C.S.I. Giorgio Canali.
I testi, ora poesie ermetiche ora feroci invettive, sono sostenuti da arrangiamenti plumbei, con sfumature diverse. Se le chitarre distorte di Milioni di Parole richiamano il rock decadente di Afterhours, Marlene Kuntz e Timoria, a riprova del fatto che questi gruppi hanno davvero un grande debito nei confronti della New Wave italiana, Paura del Tempo, con il suo marcato afflato di elettronica sporca e oscura, imbevuta qua e là di suoni futuristici, sembra un pezzo dei Depeche Mode. Mescola le Razze,con la chitarra orientaleggiante, pare fare l’occhiolino ad Islam Punk dei CCCP, mentre Dreamcity, con le sue sbavature confuse che si affastellano le une alle altre, ha un piglio da pezzo punk.
Nonostante in alcuni punti ci sia un’enfasi eccessiva, L’Illusione Del Volo è un disco, oltre che bello, in un certo senso doveroso. Innanzitutto perché permette di riscoprire una band fondamentale e ingiustamente dimenticata; e, inoltre, perché ci fa ricordare di quel fondamentale momento storico in cui la musica italiana si trovava in uno stato di grazia.
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