AdBlock Detected

Stai usando un'estensione per bloccare la pubblicità.

RockShock.it dal 2002 pubblica contenuti gratuitamente e ha la pubblicità come unica fonte di sostentamento. Disabilità il tuo ad block per continuare.

Flor: recensione disco omonimo

Il ritorno dei Flor De Mal, ora solo Flor, su disco era in aria da qualche anno: un album cantautorale sereno e acustico, in pace con se stessi

Flor

s/t

(The Prisoner Records)

Rock d’autore

______________

Quando uscirono nei primi anni 90 con il nome di Flor De Mal ebbero un meritato riscontro da pubblico e critica, il loro ReVisioni era tra i dischi più interessanti in quel 1993 in cui esplose la musica rock italiana uscendo da un torpore alienante. Aprirono qui in Italia anche i concerti di alcuni artisti di gran livello, in particolare R.E.M. con cui nacque un’amicizia. Il singer e chitarrista Marcello Cunsolo, che nel 2013 ha pubblicato da solista l’album Lieve, è l’unico sopravvissuto di quel trio che troncò poi il nome in Flor e le sonorità della band.

Dopo 15 anni esce quindi l’omonimo album che riporta 11 brani di marca cantautorale. Dalla prima traccia, Lì Per Me, partono accordi di chitarra acustica supportati da una batteria tenue e un basso deciso nella sua scansione. La voce di Marcello è il sussurro rauco di un narratore catanese che racconta con ottimismo la sua visione del mondo. Le canzoni sono abbastanza semplici, scarne senza arrangiamenti particolari, testi asciutti e sonorità lontane da quelle ascoltate negli anni 90.

Un velo di chitarra elettrica viene utilizzata moderatamente per l’atmosfera di brani come Sempre di Più e Alzati e Cammina, o un lieve riff poco impegnativo nella filiforme Con Dio, ma in generale troviamo brani acustici, pacati, dolci, sognanti. Del resto, come per molti gruppi di quell’epoca, gli anni sono passati e con loro anche una certa irrequietezza sonora, non che ricordi i Flor De Mal come guerrieri sonici, ma tutto il disco è abbastanza distante da quelle canzoni voracemente ritmate, con atmosfere ora rarefatte, flemmatiche, esangui. Se contiamo che anche la voce è tenuta bassa e dimessa, i toni sono come sommersi in una casa di campagna mentre si è in pace con se stessi.

L’unico pezzo in dialetto catanese è Comu Cani, mentre il brano che mi ha più colpito sono gli oltre 7 minuti di Incastonato con buona coda noise finale alla CSI. Ne viene fuori un disco che non riesce a stregare e nemmeno riserva grosse sorprese come può essere stato, per esempio, Semper Biot di Edda, anche lui di ritorno qualche anno fa dopo un silenzio ultradecennale. Un atteso rientro ma temo che i fans attendevano qualcosa di diverso, anche se non mancherà l’affetto e l’incoraggiamento per questo nuovo inizio.

Gli ultimi articoli di Luca Paisiello

Condivi sui social network:
Luca Paisiello
Luca Paisiello
Articoli: 492