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Fabrizio Cammarata & The Second Grace: Rooms

Torna Fabrizio Cammarata col suo progetto The Second Grace. Il lavoro si chiama Rooms e si preannuncia come un album essenziale nel folk d'autore

Fabrizio Cammarata & The Second Grace

Rooms

(Cd, ViaAudio)

indie folk

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Fabrizio Cammarata & The Second Grace- RoomsAveva visto lungo Devendra Banhart quando nel 2006 a Palermo invitò un giovane Fabrizio Cammarata con la sua chitarra sul palcoscenico ad eseguire una canzone dei suoi The Second Grace che gli aveva consegnato poche ore prima in una demo.

Fabrizio Cammarata ha un grandissimo talento, spinto da una grandissima curiosità che rende le sue sonorità ancora più originali e contaminate. Se consideriamo inoltre la sua perfetta pronuncia inglese, possiamo ben capire il respiro internazionale di Roomsun album prodotto da JD Foster che vede la partecipazione di Joey Burns dei Calexico e di Jairo Zavale (Calexico e DePedro).

Dopo l’esordio omonimo con i The Second Grace (nome tratto da una strofa del brano Fly di Nick Drake), Fabrizio ha proseguito un percorso più solitario, circondandosi però spesso nelle esibizioni live di tanti amici musicisti.

In questo nuovo lavoro, si parte con All I Know, brano in perfetto stile “Second Grace”, chitarra acustica, voce e tanta melodia. E’ il brano che più si avvicina all’album d’esordio, probabilmente perchè pronto da tempo e già presentato nei tour sin dal 2007-08.

Alone And Alive è il primo singolo estratto da Rooms; molto orecchiabile, con un suono curato e spinto anche da un bellissimo video ambientato fra le vie di Palermo.

E’ poi il turno di uno dei brani più emozionanti composti da Fabrizio: Misery è una bellissima ballad che ci trasporta con le sue atmosfere sulla Route 66 americana.

Altra punta di diamante è la seguente Down Down in perfetto stile new acoustic e farcita di tanti archi a rendere ancora più magico un brano già favoloso.

Impossibile non amare anche le atmosfere sonore di Aberdeen Lane, il brano forse strutturalmente più complesso dell’intero lavoro.

Il problema nell’ascoltare questo Rooms è che ogni volta in cui si sta per gridare d’entusiasmo credendo di aver ascoltato il brano più bello dell’album, ne arriva uno altrettanto bello, così anche Mount Pellegrino rapisce completamente durante l’ascolto.

Myriam riporta ad atmosfere più affini a Nick Drake e a Sufjan Stevens. La seguente Pole Kitoto, già uscita in versione digitale durante l’estate in un ep contenente anche il primo singolo del 2007 Antananarive e la cover di All Tomorrow’s Parties di Nico ed i Velvet Underground, rende impossibile a chiunque di non innamorarsi di questo lavoro.

Ci si avvicina alla chiusura in grande stile con Me And The Rain, brano che strizza l’occhio a sonorità più radiofoniche alla Paolo Nutini e la minimale Highlake Bay, emozionante al punto da commuovere.

Un lavoro (o ancora meglio capolavoro) essenziale per chi ama certe sonorità, imperdibile per chiunque cerchi qualità e musica non banale.

INTERVISTA A FABRIZIO CAMMARATA

Dalla prolifica Sicilia ancora una volta arriva un lavoro delizioso. Dopo l’esordio datato 2007 con l’album omonimo, ritorna Fabrizio Cammarata col suo progetto The Second Grace.

In occasione dell’uscita del nuovo album Rooms, l’11 novembre, abbiamo aprofittato della disponibilità di Fabrizio per scambiare quattro chiacchiere con lui.

RockShock: Ciao Fabrizio, sono passati più di 4 anni dal primo album The Second Grace, cosa hai fatto in questo tempo?

Fabrizio Cammarata: Ho suonato tantissimo in giro per il mondo, ho viaggiato, fuori e dentro di me.

RS:Le tue canzoni sembrano tanti piccoli affreschi, piccole perle che descrivono sensazioni, emozioni, episodi, ed il loro suono è particolarmente spontaneo. Appare subito come non costruito, immediato, ma c’è molta ricerca dietro: una in particolare è l’utilizzo di strumenti che scopri in giro per il mondo. Hai voglia di parlare un po’ di come nascono le tue canzoni?

FC: Sono un bambino, mi piace giocare, tutto quello che faccio per la musica deve avere un aspetto ludico preponderante. Sì, c’è molta ricerca, ma al tempo stesso è un processo molto infantile, capisco poco di arrangiamenti e studio recording, agisco molto d’istinto. Quando sono in studio di registrazione sembro un bambino nel kindergarten, esattamente come quando sono a Cuba o in Marocco e gioco con gli strumenti che trovo lì, viene fuori qualcosa, e quel qualcosa suonato con uno strumento che non avevo mai toccato diventa indispensabile per quella canzone.

RS: Nel nuovo album, dove collabori con Joey Burns dei Calexico e Jairo Zavala dei Calexico e Depedro,  sembra che il suono sia più farcito di suoni e strumenti rispetto all’album d’esordio. E’ stata un’esigenza tua oppure c’è lo zampino di JD Foster?

FC: Ovviamente è attraverso JD che ho fatto la conoscenza di Jairo e di Joey, ma sono stato io a sentirne il bisogno, in un paio di brani sentivo che mancava qualcosa e mi sono rivolto al gusto e alla magia di musicisti che adoravo fin da ragazzino.

RS: Nel video di Alone And Alive, appare all’inizio una citazione della mai troppo compianta Alda Merini, com’è nata questa idea e quanto bisogno c’è secondo te oggigiorno di poesia?

FC: È un piccolo omaggio che ho fatto (la stessa epigrafe compare anche sull’album) ad Alda Merini perché è una delle cose più belle che abbiamo avuto in Italia, e soprattutto perché quella frase rappresenta alla perfezione il senso del disco. Quando l’ho letta ho avuto una sensazione che solo la poesia può dare: “lo pensavo e non lo sapevo dire. E qualcuno lo ha fatto per me.” Ecco forse è questa la funzione “sociale” della poesia.

RS: C’è qualcuno in Italia o all’estero con cui ti piacerebbe collaborare?

FC: I Tinariwen. E Justin Adams, un chitarrista britannico che ha lavorato negli ultimi lavori di Robert Plant.

RS: La Sicilia sta producendo tantissima buona musica: penso a te, ai Waines, ad Albanopower, DiMartino, UnePassante, i Gentless3, gli Akkura, Il Pan del Diavolo e a tanti che sicuramente sto dimenticando. Che rapporto avete fra voi musicisti? Dall’esterno sembra quasi siate un grande collettivo di amici. Cosa rara oggigiorno…

FC: Hai detto bene, è assolutamente così, siamo una grande famiglia senza concorrenze, invidie e tutto le cose brutte che impediscono all’energia esplosiva di una città di venire fuori. Ci si aiuta tanto, è come se facessimo parte di un unico progetto. Di fatto abbiamo anche reso tangibile questa realtà con la creazione dell’Arsenale, una federazione di artisti, musicisti, teatranti siciliani e non. Tieni d’occhio questo nome perchè ne sentirai parlare.

RS: Arrivi proprio in questi giorni da un tour in Germania, sei già stato diverse volte in giro per il mondo a suonare; c’è differenza nel modo di vivere i concerti che abbiamo qua in Italia rispetto all’estero?

FC: Devo essere sincero, in Germania il pubblico ha una curiosità e un rispetto nei confronti dell’artista che difficilmente riesco a trovare altrove. Anche qui mi capitano delle esperienze straordinarie, però… Inutile generalizzare, credo. Mi permetto di dire che in Italia forse siamo meno abituati che altrove a considerare il mestiere di artista una cosa seria quanto quello dell’avvocato.

RS: Il mercato della musica è molto cambiato, cosa si dovrebbe fare secondo te per portare più qualità nelle programmazioni o per dare una maggiore cultura musicale ai ragazzi fin dalla giovane età?

FC: Liberarsi da tutte le schifezze musicali che vanno in onda in prime time sulle TV, in primis X-Factor e simili. Qualità pessima e affermazione della filosofia “se vuoi fare musica devi avere fortuna e vincere un concorso a premi”. E poi anche nelle scuole… In America, UK, Germania si parla di folk, blues e rock anche ai bambini, fa parte della loro cultura e loro lo sanno. Noi siamo un po’ il Paese del varietà televisivo piuttosto, quindi forse sarebbe una forzatura, ma sicuramente darebbe frutti buoni e creerebbe cultura e confronto.


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