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Evacalls: Seasons

Evacalls: Season è il disco di debutto della band vercellese. Lo stile è electro-rock, le tinte sono noir. Ma non tutto fila per il verso giusto

Evacalls

Seasons

(autoproduzione)

electro-rock

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[youtube id=”FAvO3qrqNoo” width=”620″ height=”360″]

Evacalls: SeasonsSeason è l’album di debutto degli Evacalls, gruppo nato nel 2011 grazie alla ricerca di nuove forze musicali da parte del tastierista Giuseppe Guidotti. Immediatamente si aggiungono Alessandro Ghiotto alla chitarra e Alessandro Augello alla voce; quest’ultimo infine porta con sé Alessandro Martinetti alla batteria e Matteo Borla al basso.

Il gruppo risulta subito molto affiatato e inizia a spremersi le meningi per scrivere, scrivere e scrivere..

Importante sottolineare la loro partecipazione allo Xanax Off Festival di Torino, alla notte bianca di Vercelli e all’International Pop Overthrow di Liverpool. Hanno anche avuto modo di aprire tra gli altri Abiku, Piotta, Il Triangolo e Selton.

Seasons è composto da otto tracce in cui 2 sono gli elementi che si inseguono senza sosta: la distanza e il tempo.

L’album si apre con Second Winter Of The Year: un radar che traccia la nostra posizione per dargli sostanza con suoni elettronici che con cura si trasformano in un riff di chitarra leggero ma ridondante. Non trovo una connessione logica tra strofa e quello che dovrebbe essere il ritornello. La voce e i suoni non riempiono, e neanche gli effetti anni ’80 fanno il loro dovere… una sorta di miscela male assortita.

Si procede sempre con questa vena noir che colora l’intero lavoro dei vercellesi: Give Me A Reason e a seguire la strumentale e sostanziosa No Words; No Silences inizia sullo stesso tema della precedente e riempie con elettricità e ritmo.  Apprezzo molto il gioco di parole tra le 2 canzoni quasi a rimarcare che anche con la voce esiste il tempo per esprimersi e il tempo per stare zitti.

Away From Her(e) alterna momenti in cui tutti gli strumenti riempiono la canzone a momenti di solitudine… ma la struttura a mio parere poteva essere calibrata in un modo diverso per dare un tocco ancora più originale al pezzo; immediatamente dopo Monday… non so: forse era meglio non mettere le 2 canzoni vicine e forse era meglio evitare note alte con la voce.

Il tutto si chiude con The Man Who Lives On The Moon, un brano più attuale e ben organizzato; la batteria incalza e cresce per poi tornare al suo posto; ritorna il radar e finalmente troviamo una chitarra cazzuta che entra nei momenti giusti; metà strumentale e metà cantata e pur non condividendo un’intro così lunga prima dell’armonia vocale, secondo me è il brano di Seasons sicuramente più riuscito.

Nota negativa per la voce che in tutto l’album sembra essere sempre insoddisfatta del proprio lavoro e ostenta un inglese ancora dalla pronuncia incerta.

Per riprendere la terza canzone direi No Words.

Invece mi esprimo: il progetto è fresco. Al giorno d’oggi se hai solo 2 anni alle spalle come gruppo non sei nessuno nella scena musicale italiana… ma non è per etichettare. È per dire che di strada da fare ce n’è tanta. Ma tanta.

Con la dedizione si ottengono buoni risultati ma le soddisfazioni migliori si ottengono con una sana autocritica. Poi va a gusti…

Consiglerei ai cari Evacalls di prendere le mie parole con le pinze e di sfruttare il tempo e lo spazio che hanno integrato nel loro Seasons per scrivere nuovi brani. Fortunatamente nella loro pagina Facebook dicono “give me a reason I don’t care about myself…”.

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