AdBlock Detected

Stai usando un'estensione per bloccare la pubblicità.

RockShock.it dal 2002 pubblica contenuti gratuitamente e ha la pubblicità come unica fonte di sostentamento. Disabilità il tuo ad block per continuare.

Eradius: recensione disco omonimo

Il duo italo-britannico Eradius si prende la briga di realizzare un album dal ritmo sempre incalzante per attraversare tutte le derive dell'alternative rock

Eradius

s/t

(Resisto)

alternative rock, stoner

_______________

 

EradiusAlbumCoverLa freschezza anagrafica non tradisce i membri del duo italo-britannico Eradius: mentre loro nascevano (classe ‘91 alla batteria e ’94 al basso/voce), oltreoceano il crossover rock si faceva largo tra l’impazzare del grunge, e un po’ di quel latte miscelato devono averlo assaggiato ancora in fasce.

Così, l’omonimo primo disco in uscita ha quel sapore funk, hard rock e metal rap dei Red Hot Chili Peppers e dei più duri Rage Against The Machine, che si riempie in ogni brano di suoni potenti e grezza aggressività più vicine allo stoner, nei quali il duo maggiormente si riconosce. Non mancano infatti l’omaggio ai Kyuss di Blues For The Red Sun e una distorta armonia tra batteria e basso che di certo non è lasciata al caso.

Le frequenti pause (Black Queen), i giri di basso (Timmy C), i cambi melodici e di tempo (Democrazy, primo singolo), il gioco funky (Medusa) e i lunghi acuti di una voce potente ma pulita (Raise and Resist) permettono di godere di un ascolto completo e attento anche in presenza di brani che si rincorrono, si richiamano e in alcuni punti si ripetono.

Il ritmo è sempre incalzante e perfino i momenti di hard rock più barbarico non diventano disturbanti. In Overthink, il pezzo più lungo del disco, più di due minuti strumentali finali, calibrati, danno il giusto respiro all’ascoltatore che sta per immergersi nella penultima (e già citata, Raise and Resist) delle 12 tracce, fiore all’occhiello del disco.

In mezzo a questo concentrato di durezza rimescolata gli Eradius si concedono anche qualche nota più morbida e vicina ai Muse (Feel) e non nascondono di dichiararsi influenzati dal più recente duo britannico dei Royal Blood.

Rimangono sicuramente un gruppo dai tratti derivativi, ma c’è una buona base sperimentale, un background che parla diversi linguaggi musicali e la voglia di divertire. Le potenzialità ci sono e i ragazzi sanno cosa stanno suonando.

 

Condivi sui social network: