Echo and the Bunnymen
The Fountain
(Cd, Ocean Rain)
wave, post-punk
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Tra i padri ispiratori di band come i Coldplay, gli Echo and the Bunnymen hanno avuto fortune alterne, discreti successi e periodi bui, alternati a più o meno lunghe separazioni, in cui Ian McCulloch s’è dedicato ad altri progetti (il più noto dei quali, forse, è la band Electrafixion).
A poco più di trent’anni da loro fondazione e a quattro dal loro ultimo lavoro in studio, Siberia, gli Echo and the Bunnymen tornano con questo The Fountain. E tornano in gran spolvero. Line-up rinnovata e produttore di chiara e provata matrice pop, quel John McLaughlin (già al loro con i Westlife, sigh), che qui tenta disperatamente di portare una ventata d’aria fresca a un sound che deve comunque rimanere riconoscibile per i fan di lungo corso, ma che alla fine della fiera risulta tanto piacevole per ultra quarantenne quanto inadatto per un’ascoltatore con la metà degli anni.
Chris Martin, voce dei Coldplay, fa la sua apparizione nella tilt track, forse uno degli episodi nel più classico stile EATB, ma il cortocircuito musical-temporale era già arrivato prima, con Forgotten Fields – seconda in scaletta – che se non fosse per la tipica voce nasale di McCulloch potrebbe proprio essere un pezzo dei Coldplay.
A metà disco arriva il pezzo che reclama vendetta, quella Life of 1000 Crimes che è l’episodio più irritante dell’album: una ruffianata buona per il pubblico della modulazione di frequenza e probabile esca proprio per i ventenni di cui dicevamo sopra.
Sempre in bilico fra passato e una poco convincente ipotesi di presente, The Fountain non è un disco tutto da buttare, ma di rimpianti col passato ne lascia eccome.
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