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Drakkar: recensione di Chaos Lord

Il sesto album in studio dei milanesi Drakkar esplode in un turbinio di riff power metal pesantissimi salpando verso il Mare del Fato.

Drakkar

Chaos Lord

(Punishment 18 Records)

heavy metal

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Drakkar Chaos Lord recensioneCon la release di Chaos Lord i lombardi Drakkar ci catapultano ancora una volta nel loro epic metal tra Manowar e Helloween, un’immersione di battaglie, gesta eroiche e signori della guerra da sconfiggere. 10 brani sempre in tiro con riff potenti e mai un momento di stanca in questo loro sesto full lenght.

Il nuovo album dei Drakkar si apre con una intro folk anglosassone di Emanuele Laghi dei Crimson Dawn, preparandoci a salpare sulla loro nave vichinga verso il Mare del Fato. Traccia dopo traccia il livello tecnico dei musicisti eccelle per le parti ritmiche di chitarra molto godibili, complice il buon lavoro di Dario Beretta e Marco Rusconi alle seicorde che gettano un pizzico di freschezza e di modernità nel classico sound metal di questa band.

Il singer Davide Dell’Orto si cimenta in tonalità medio-alte convincenti e in Horns Up emergono le sue capacità tecniche, offrendo grande pathos in un brano che celebra tutti questi anni divisi tra sala prove e palco che il quintetto ha frequentato da quando è nato il gruppo. Horns Up è difatti un inno alla musica metal, in cui i loro fedeli sostenitori alzano le mani gridando e cantando le canzoni dei Drakkar, proprio quei musicisti che hanno voglia di salire sullo stage senza nemmeno fare il soundcheck, tanta è la mancanza del palco dovuta a questa pandemia.

Si infervorano i ritmi nei brani di questo disco ed in particolare in quello dedicato al Signore del Caos, creatura che gode del favore delle quattro divinità di questi mondi fantasy narrati dai Drakkar, guidando le sue Legioni contro gli uomini rei di aver peccato. Si canta anche di spazioporti marziani (Through the Horsehead Nebula), assalti nucleari (The Battle – Death from the Depths – Part II), spade nel Lago (And He Will Rise Again) e galassie create dalle ceneri di mondi morenti (Firebird).

Non sono da meno Simone Pesenti Gritti  al basso e Daniele Ferru alle pelli, che dimostrano di conoscere benissimo il loro lavoro giocando su un groove fluido nel corso di queste cavalcate furiose fatte da linee melodiche nervose. L’anima dell’album viene racchiusa nel finale di True to the End in cui si giunge al culmine stilistico e compositivo: da una prima parte particolarmente improntata all’epic metal con cori da manuale allegati, ad una coda ripiena di riff con un basso cadenzato che accompagna le melodie ben ricamate.

La proposta dei Drakkar è un album omogeneo e pieno di grinta, suonato con compattezza senza soluzioni arzigolose. Dritto alle orecchie dell’ascoltatore senza compromessi, quello che ci voleva in questo periodo.

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Luca Paisiello
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