Depeche Mode
Torino, Palaolimpico, 18 febbraio 2014
live report
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Non è la prima volta che vedo i Depeche Mode dal vivo, ma continuo a stupirmi di come siano in grado di mettere insieme le persone più diverse. Mentre mi incammino verso il parterre del Palaolimpico di Torino sono circondata da ultra quarantenni che seguono le gesta del trio di Basildon sin dagli inizi, ma anche da ragazzi più giovani e da genitori con figli più o meno piccoli che si godono questa esperienza in famiglia. E una tale eterogeneità mi riempie il cuore.
Intorno alle 20.00 i The Soft Moon salgono sul palco in qualità di opening act per una buona mezz’ora di set. Il terzetto californiano (anche se in realtà il progetto è interamente opera di un solo uomo, il producer/cantante/songwriter e strumentista Luis Vasquez) propone un mix di stili che va dal neo-post-punk alla darkwave. Come sempre la scelta del gruppo spalla non è lasciata al caso e si integra perfettamente con il mood della serata, riscuotendo apprezzamenti dal pubblico che sta prendendo posto nel palazzetto.
Alle 21.00 il Palaolimpico è zeppo all’inverosimile. E la gente impaziente comincia a rumoreggiare. L’attesa si fa sempre più palpabile ed esplode quando si spengono le luci e dopo qualche minuto a uno a uno salgono sul palco Peter Gordeno e Christian Eigner – ormai una costante negli spettacoli dei Mode – Andrew Fletcher, Martin Gore e Dave Gahan. L’apertura è affidata a Welcome to my world, alla sua scarna essenzialità e alla voce profonda e suadente del frontman britannico.
Per chi ha avuto la fortuna di assistere alla sessione estiva del Delta Machine tour targata luglio 2013, la scaletta non è una novità, così come la scenografia, ancora una volta opera di Anton Corbijn, fotografo e video maker olandese che da sempre segue passo passo il terzetto inglese e interpreta visivamente l’intenzione dietro ai testi delle canzoni. In sequenza vengono quindi suonate Angel, Walking in my shoes, Precious, Black celebration e Should be higher. La peculiarità delle performance dal vivo dei DM è il fatto che i vecchi classici vengono spesso riarrangiati (come capita a Walking in my shoes) o riproposti nelle vesti di remix realizzati da artisti più o meno noti (come Halo, che nella versione dei Goldfrapp è ancora più stilosa).
I tre sono in piena forma, come sempre. 50 anni e non sentirli. Andy Fletcher sembra un tantino imbalsamato dietro ai suoi synth, ma dopo anni ormai dovremmo esserci abituati alla sua staticità e alla sua presenza silenziosa. Martin Gore, con un abbigliamento stranamente sobrio per i suoi canoni di scena, si contraddistingue non solo per la bravura ma anche per l’impegno sociale. La t-shirt che indossa, con la scritta Free Paco Now, porta all’attenzione dei presenti la storia di Paco Larrañaga, arrestato 16 anni fa nelle Filippine per omicidio, nonostante una serie di testimoni lo collocassero in un altro posto all’ora del crimine. E Dave Gahan…beh, che dire di lui? È il frontman per eccellenza, che gioca con il pubblico, lo incita e lo coinvolge, sempre ammiccante e provocante. Sa di essere oggetto del desiderio delle donne (nonché di alcuni uomini) e ci marcia abbondantemente su, trasformando l’asta del microfono in un palo da lap dance o ancheggiando con maestria per fari sì che l’attenzione e l’adrenalina non calino neanche per un secondo. Questo sì che è saper fare il proprio mestiere…
Il momento acustico di Martin Gore è l’unica variabile nelle scalette. Torino ha il piacere e l’onore di ascoltare due versioni nuove ed emozionanti di Slow, dall’ultimo album e But not tonight, bonus track di Black celebration. La band al completo torna sul palco per la cavalcata finale: Heaven, Behind the wheel, A pain that I’m used to e tre pezzi storici (A question of time, Enjoy the silence e Personal Jesus) che scaldano il pubblico sabaudo talvolta un po’ troppo trattenuto e composto.
La classica – ma breve – uscita di scena e il rientro per una serie di encore, che comincia con un altro momento acustico di Gore e Gordeno sulle note di Shake the disease, per poi proseguire in formazione completa con Halo e chiudere con Just can’t get enough, I feel you e Never let me down. I saluti di rito, l’ovazione finale e anche questa prima data italiana dei Depeche Mode è giunta al termine.
Che cosa ci portiamo a casa da queste due orette di live? La consapevolezza di aver assistito ancora una volta a un evento, un’enorme macchina da guerra perfettamente oliata che offre di tutto nelle giuste proporzioni. Il carisma di Dave Gahan, il talento di Martin Gore e Andrew Fletcher (di cui, beh, prima o poi gli scienziati del CERN ci spiegheranno la funzione) non solo fanno “musica per le masse”, ma le masse le muovono, riempiono gli stadi (la loro dimensione naturale) e li fanno vibrare all’unisono. Lunga vita al re, quindi e a tutto il suo seguito, perché di gruppi così con oltre trent’anni di esperienza, ce ne sono ben pochi ormai.
Setlist/scaletta Depeche Mode live in Torino, 18 febbraio 2014:
– Welcome to my world
– Angel
– Walking in my shoes
– Precious
– Black celebration
– Should be higher
– Policy of truth
– Slow
– But not tonight
– Heaven
– Behind the wheel
– A pain that I’m used to
– A question of time
– Enjoy the silence
– Personal Jesus
Encore
– Shake the disease
– Halo
– Just can’t get enough
– I feel you
– Never let me down
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