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Depeche Mode: recensione concerto San Siro, Milano, 27 giugno 2017

I Depeche Mode tornano ancora una volta a incantare il pubblico italiano ripercorrendo oltre trent’anni di carriera, tra singoli dell’ultim’ora e pezzi cult che san cantare anche le pietre

Depeche Mode

San Siro, Milano, 27 giugno 2017

live report

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recensione concerto depeche mode milano 2017

Quando i Depeche Mode convocano la conferenza stampa di presentazione del nuovo tour, il momento viene sempre percepito come un grande evento. L’uscita di un altro album della band di Basildon crea sempre grandi attese e aspettative. Sapere che negli anni hanno ancora qualcosa – di valido – da dire è una speranza in questo triste mare musicale di meteore che durano il successo di un’estate. Che poi l’album in questione non sia che un vago accenno al momento dell’apertura delle prevendite non ferma di certo i fans, che come di consueto polverizzano i biglietti disponibili per le tre date italiane in pochi giorni. Chi è stato almeno una volta a un loro concerto sa che comunque saranno soldi spesi bene.

La nuova politica di sicurezza che accompagna i grandi eventi di questa estate viene adottata anche a San Siro, tra controlli borse e zaini, metal detector e tanti poliziotti dentro e fuori lo stadio. Sin dal tardo pomeriggio la gente comincia a fluire e a occupare tutti i settori, fino a creare un colpo d’occhio unico pochi minuti prima dell’inizio della performance. Un dj set prima e il live degli Algiers poi intrattengono il vario pubblico, che copre un range di età che va dagli ultra cinquantenni ai bambini, generazioni di ragazze e ragazzi che sono cresciuti al ritmo di un’elettronica che si è evoluta parecchio dagli anni ’80 a oggi.

Sono da poco passate le nove quando sul palco si accendono schermi e luci e sulle note di Revolution dei Beatles Andrew Fletcher e Martin Gore, accompagnati dagli altri due membri onorari del gruppo (Peter Gordeno e Christian Eigner) prendono posto, mentre su una passerella sopraelevata alle spalle della batteria si staglia la silhouette di Dave Gahan, accolto dal consueto boato.

L’apertura è affidata a Going Backwards, ultimo singolo estratto da Spirit, quattordicesimo album in studio dei Depeche. Un pezzo disincantato e critico dell’uomo e della società, che rispecchia perfettamente il mood dell’intero disco. Si continua con So much love: Gahan ammicca, gioca con la telecamera e con il pubblico, come richiede il suo ruolo. È in grande spolvero e nonostante non sia più di primissimo pelo, tiene il palco come nessuno. Basta uno sguardo malizioso per catturare l’attenzione di etero e gay di qualunque età per portarli nel suo personalissimo mondo. Chiunque sembrerebbe una macchietta o una caricatura, invece i suoi balletti e le sue movenze volutamente affettate e manierate negli anni sono diventati il suo tratto distintivo e hanno modellato il suo personaggio.

La scaletta prosegue senza troppi sussulti: come da copione praticamente uguale in tutte le date, aperta dal brano che apre anche il lavoro in promozione e senza traccia della precedente release. Barrel of a gun è energica e maledetta, e nonostante l’ormai collaudato remix di A pain that I’m used to il set stenta un po’ a entrare nel vivo.

Da In your room in avanti sarà un crescendo di emozioni e coinvolgimento, complici anche gli splendidi video girati dal celeberrimo Anton Corbijn. World in my eyes ci invita a salpare per un viaggio senza meta per il quale non occorrono biglietti o bagagli e la suadente Cover me, supportata dalle immagini di un Major Tom metropolitano ci accompagnano verso uno dei momenti più sentiti e d’effetto dei concerti del terzetto inglese, il solo di Martin Gore. L’attenzione è tutta su di lui quando attacca un suo grande classico, Question of lust, e tiene in pugno ogni singolo spettatore prima con la sua voce e poi con la sua chitarra sulle note di Home, cantata in coro fino allo sfinimento, quando un divertito Dave di nuovo sul palco non attaccherà con la seconda parte della scaletta.

Poison heart è ammiccante e seducente, Where’s the revolution potente e indicativa di come la band riesca sempre a essere al passo con i tempi. Wrong mette in risalto le incredibili capacità del batterista Christian Eigner e lascia spazio al gran finale, interamente dedicato agli imprescindibili. Everything counts, ottima occasione per Gahan per dirigere i cori del pubblico come un vero direttore d’orchestra, Stripped, Enjoy the silence e Never let me down again, che come di consueto trasforma lo stadio in un campo di grano.

Classica uscita di scena e il ritorno per i bis, che si preannunciano esplosivi, facendo un rapido calcolo dei pezzi cult che mancano ancora all’appello. Si parte con Martin Gore che canta la splendida Somebody e si continua con Walking in my shoes, da sempre uno dei momenti clou dei live del gruppo inglese. Sui maxischermi compare poi l’immagine di una bandiera nera che sventola e Dave Gahan intona una personalissima, quanto elettronica ed essenziale, versione di Heroes. Qualunque tentativo di imitazione farebbe gridare allo scandalo, ma i Depeche hanno saputo trasformarla nel loro omaggio al Duca Bianco, sottolineando ancora una volta il messaggio veicolato dalle sue parole, di cui in questi tempi incerti abbiamo più che mai bisogno.

Finale col botto con I feel you e Personal Jesus. Nel trio di Basildon albergano diverse anime, che di volta in volta si sono palesate negli album che hanno costellato la loro trentennale carriera, ma nonostante siano considerati il simbolo della new wave/elettronica è nelle tinte scure dei pezzi più rock che danno libero sfogo a istinti e passioni.

Cala così il sipario sull’ennesimo trionfo annunciato targato Depeche Mode. È notizia di questi giorni l’annuncio di altre tre date italiane per il tour indoor tra dicembre 2017 e gennaio 2018. Verrebbe da pensare: li ho già visti negli stadi, dove danno il meglio di sé e l’atmosfera è coinvolgente a mille, perché tornare a risentire più o meno la stessa scaletta tra sei mesi??? Domanda sciocca per il fan medio, che – come previsto – ha già esaurito tutte le disponibilità per la data di Milano (e l’assurda pre-prevendita per i titolari di American Express ha contribuito enormemente), lasciando solo qualche biglietto per gli anelli di Torino e Bologna.

Setlist

  • Going backwards
  • So much love
  • Barrel of a gun
  • A pain that I’m used to
  • Corrupt
  • In your room
  • World in my eyes
  • Cover me
  • A question of lust
  • Home
  • Poison heart
  • Where’s the revolution
  • Wrong
  • Everything counts
  • Stripped
  • Enjoy the silence
  • Never let me down again

Encore:

  • Somebody
  • Walking in my shoes
  • Heroes
  • I Feel you
  • Personal Jesus

 

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