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Dawzz: recensione disco omonimo

In attesa della realizzazione di un full length che dovrebbe vedere la luce tra qualche mese, i sardi Dawzz mettono fuori un EP interessante, contenente tre pezzi al vetriolo che fanno capire molto bene quali sono le loro intenzioni.

Dawzz

s/t

alternative

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In attesa della realizzazione di un full length che dovrebbe vedere la luce tra qualche mese, i sardi Dawzz mettono fuori un EP interessante, contenente tre pezzi al vetriolo che fanno capire molto bene quali sono le loro intenzioni.

Per dare qualche coordinata, ci si muove tra sprazzi abrasivi di alternative italiana che paga tributo a gente seminale come i Six Minute War Madness e a quanto andava prodotto dalla mitica Touch And Go nei primissimi anni novanta.

L’opener Cime di Latta è un viaggio nell’oscurità, dove le melodie sono rarefatte e il minimalismo, figlio anche di certe coordinate tipiche della musica inglese (Joy Division, per esempio), trovano la loro giusta collocazione.

Stessa sorte tocca a Buzz Ost che è suddivisa in due piccoli tronconi. La prima parte, mossa da un basso di stampo “nirvaniano”, fa da traino alla seconda che si rivela più esplosiva con cascate di distorsioni che piombano sulla testa dell’ascoltatore.

Chi spera di trovare il ritornello facile o la melodia accattivante, è chiaramente fuori strada, perché qui si viaggia, giustamente, su territori angusti e impervi che meritano di essere esplorati con la giusta attenzione.

Chiude tutto Baros che non si discosta di molto dalle precedenti composizioni. Il brano è una sorta di puzzle sonoro, in cui ricerca e complicazione vanno evidentemente a braccetto.

Insomma, tra un cenno ai Jesus Lizard e un altro ai Sonic Youth degli esordi, il trio isolano si rivela una perfetta macchina da guerra che non scende a compromessi. La curiosità di sapere cosa accadrà quando uscirà il loro disco, a questo punto, è davvero tanta. Intanto come antipasto questo EP omonimo va più che bene per scaldare i motori.

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Francesco Brunale
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