Daniele Sepe
Fessbuk – Buonanotte Al Manicomio
(Cd, Il Manifesto)
etno folk rock
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I dischi di Daniele Sepe non si presentano mai come dei semplici ed innocui contenitori di brani musicali da ascoltare più o meno distrattamente mentre si sparecchia la tavola o si riordina svogliatamente la casa. Dissacranti, taglienti, eccessivi, musicalmente apolidi e sostenuti da una puntigliosa e meticolosa ricerca antropologica e popolare, raccontano storie dall’ampio respiro universale, caratterizzate da un profondo colpo d’occhio rotondo ben puntato sulle contraddizioni che governano il mondo. Parlano di ingiustizie, di conflitti sociali, di amori, di guerre e delle rovine, anche culturali, che continuiamo a lasciarci alle spalle. Parlano di noi, dell’Italia di ieri, di quella di oggi e di quella che sarà domani, dei confini sempre più indefiniti tra i vizi privati e le pubbliche virtù di una classe politica e dirigente sempre più incapace di rappresentare altro che non siano i propri interessi. Cronache & other sturiellet narrate con una ironia ed una piacevolezza di fondo, con uno straordinario ed iconoclasta melting pot musicale composto da jazz, rock, folk, musica popolare, hip hop, tric&trac-e-bombe-a-mano talmente coinvolgente che si lasciano tragicamente e ripetutamente amare senza riserve come un qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto.
Su questi stessi binari scorre anche Fessbuk – Buonanotte Al Manicomio, la sua ultima dirompente creatura che, tanto per non smentirsi, si apre con la voce di Alberto Sordi ed il suo celebre sfottò ai “Lavoratoriiiii…” ripreso dal film “I vitelloni”, seguita subito dopo dalle rime mitraglianti della ballata hip hop Histoire De L’Ouvrier, scritte e cantate dal rapper napoletano Paolo Romano (alias Shaone) in un racconto a due voci capace di produrre un corto circuito narrativo-generazionale davvero singolare e straniante.
Arricchite, come sempre, da uno splendido art work grazie al quale, dalla copertina al libretto interno, tutto sembra essere uscito fuori dalle pieghe (e dalle piaghe…) di FaceBook, commenti e segni grafici compresi, le restanti tredici tracce vengono via via pervase da musica agraria (Campagna), rivisitazione dell’omonimo brano dei Napoli Centrale del 1977 con testi alternati in arabo e dialetto, musica bancaria (Bulls On Parade), ovvero i Rage Against The Machine e la grande truffa della “speculazione democratica” rivisti e scorretti in salsa napoletana, musica per il teatro (Moritat Der Mackie Messer), rilettura in chiave piduista dell’opera di Kurt Weil, musica per clave e mazze ferrate (Homo Sapiens), musica sushi & spumantino (Democratic Party), splendida parodia della sinistra radical chic spalmata su una base di Duke Ellington, musica d’amore (La Vedova), tradizionale greco in cui si narra di un amore impossibile ostacolato dalle convenzioni sociali, musica & tequila (Carabina 30-30), popolare messicano del 1910, introdotto da un estratto dal film “Tepepa”, celebre spaghetti western italiano sceneggiato da Ivan Della Mea al quale il brano è dedicato, musica e viagra (Samba Do Tremone), spettacolare ed esilarante triangolazione telefonica captata sulle frequenze pugliesi a metà strada tra immaginazione e realtà…
Settantaquattro minuti di musica disturbante e consapevole, realizzata senza mediazioni ed abbellimenti di sorta con il coinvolgimento del consueto gruppo di guastatori tra i quali, oltre al già citato Shaone, troviamo le voci di Auli Kokko e Marzouk Mejri, le corde di Sandro Oliva, i tamburi di Tony Esposito ed Enrico Del Gaudio. Un’immensa onda sonora capace di spazzare via (in)certezze, amici virtuali e convenzioni sociali, rigenerante e necessaria come il pane dopo una giornata di lavoro.
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