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Corde Oblique: recensione di Cries and Whispers

Dopo cinque anni di silenzio discografico i Corde Oblique tornano ad incantare il mondo con Cries and Whispers. Il nuovo album della formazione partenopea veleggia in un mix di post-rock, metal, shoegaze e neofolk.

Corde Oblique

Cries and Whispers

(The Stones of Naples Records)

post-rock, shoegaze, metal, neofolk

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Musica, arte, teatro, contemporaneità e primigenie sonore legate a doppio filo in un suono che appare immortale, questo è Cries and Whispers, il nuovo album in studio dei Corde Oblique appena uscito su The Stones of Naples Records.

A cinque anni di distanza dall’ultimo The Moon is a Dry Bone, la formazione partenopea torna con un album contaminato e pieno di fascino che già conquista dall’immagine di copertina, quel magnifico scatto ad opera del pluripremiato fotografo indonesiano Hardijanto Budiman rimane negli occhi e nel cuore, il titolo è una sorta di tributo all’omonimo film di Ingmar Bergman (Sussurri e grida) e allude proprio alla suddivisione del disco in due diversi volumi; le Grida, disegnate da un sound post-rock, metal e shoegaze e i Sussurri tradotti da suggestivi rimandi neofolk, il risultato è un incredibile condensato armonico di furia e dolcezza dosate in maniera perfetta nelle 12 tracce incluse, dieci originali più la strepitosa cover di Souvenirs d’un Autre Monde ripescata dal repertorio dei francesi Alcest (con i quali si riscontrano affinità innegabili) e una versione per chitarra della famigerata Gnossienne no.1 di Erik Satie.

Cries and Whispers celebra i vent’anni esatti della formazione, fondata nel 2005 dal chitarrista e compositore Riccardo Prencipe, una lunga carriera che ha fruttato una intensa attività live e la pubblicazione di otto full-lenght, distribuiti in Europa e nel mondo, dove hanno trovato spazio in qualità di ospiti grandi voci nazionali e internazionali come Duncan Patterson (Anathema), Simone Salvatori (Spiritual Front), Miro Sassolini (Diaframma), Corrado Videtta (Argine), Sergio Panarella e Luigi Rubino (Ashram), Floriana Cangiano, Alessandra Santovito (Hexperos), Andrea Chimenti (Moda).

Prencipe racconta “Negli anni ‘90, quando avevo 18 anni, oltre ai miei Lupercalia, suonavo in un’altra band, facevamo metal estremo. Tuttavia a suo tempo trovavo quel genere un po’ di maniera e lo abbandonai, ma non ho mai smesso di ascoltarlo. Erano anni che sognavo di tornare alle mie origini, ma in modo diverso, meno convenzionale, facendo tesoro dell’esperienza di produzione discografica ventennale, e così ho scritto un album suddiviso in due volumi,apparentemente molto diversi, utilizzando la chitarra classica suonata con la tecnica da conservatorio e la chitarra elettrica che fondesse il post-rock con riff in stile death e black metal. Queste due sonorità sono da sempre convissute dentro di me”.

Ambientazioni diverse per diversi mood ed altrettante sensazioni che, devo essere sincera, si susseguono senza soluzione di continuità sfiorando spesso l’emozione profonda, è un viaggio peregrino e privo di steccati quello dei Corde Oblique, capace di condurre chi ascolta in terre lontanissime senza perdere mai di vista la via del ritorno.

Tra ballad oniriche, ritmi brutali, loop tondi e avvolgenti, rarefazioni cosmiche e orchestrazioni da manuale si celano meraviglie acustiche che toccano l’acme grazie agli archi languidi ed ai magnifici riff di chitarra arrampicati su pentagrammi inimmaginabili.

Le sublimazioni auliche di ballad sovrannaturali come Selfish Giant, Eleusa Consumpta dal sapore arabeggiante, Tango di Gaeta quasi un madrigale cantato in italiano che per qualche strano motivo mi fa tornare in mente Aranjuez di Dalida e Leaver con il suo superbo incastro di voci finale, si alternano alle suggestioni di Bruegel’s Dance e The Father Child e alla teatralità profonda di Christmas Carol “…e guarda avanti spento come me…noi siamo i due soli senza luce, due mondi freddi e un desiderio in corpo…noi siamo due frammenti espulsi…” dove immensa appare la performance dell’attrice Maddalena Crippa.

Per ultime cito le tracce che continuerei ad ascoltare per ore, A Step to Lose the Balance, strumentale dal sapore post-rock che languido inizia per poi aprirsi ai suoni duri e corposi del metal, John Ruskin, terzo singolo estratto ispirato allo storico dell’arte inglese e mentore dei Preraffaelliti, dove la voce è punto focale attorno alla quale vibrano tutti gli strumenti in una orchestrazione sopraffina e The Nightingale and the Rose, la mia preferita, incantevole traccia d’apertura immersa nella sua doppia vita, la prima sognante sospesa tra archi sublimi e linee vocali dolcissime, l’altra solenne dominata da una granitica sezione ritmica e una chitarra elettrica maestosa.

Cries and Whispers profuma di terre antiche, di metafisica ancestrale, di primordi e genesi, Cries and Whispers è un disco stracolmo di classe che non potete lasciarvi sfuggire.

http://www.cordeoblique.com/

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