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Conoscere il reggae in 100 dischi

La grande storia del genere giamaicano per eccellenza e quella del suo messaggio di amore universale. I suoi autori, i suoi punti cardine e, soprattutto, gli album fondamentali di un filone che, a dispetto dei suoi detrattori, è caratterizzato da numerosissimi stili differenti

Fabrizio Laganà (a cura di)

100 Dischi Ideali Per Capire il Reggae

(Libro, Editori Riuniti, 2005)

8/10

Identificare 100 Dischi Ideali Per Capire il Reggae. Questa è la sfida che s’è posto Fabrizio Laganà, vincendola.

L’autore, come ben specificato nella sua esaustiva premessa, ha indicato le istruzioni per l’uso per meglio leggere ed affrontare un viaggio così vario come è quello del genere che stiamo trattando. In primo luogo identificando la base di partenza, suisitamente raziale, di farsi portavoce di un profondo malessere sociale e, allo stesso tempo, di un modo di interpretare la gioia di vivere.

Probabilmente “solo” 100 dischi per capire il reggae sono pochi, ma seguendo le scelte di Laganà diventano abbastanza per fare la conoscenza intima di un genere ricchissimo di sfaccettature (ska, il rocksteady, il rockers e così via), al di là del suo comune messaggio di fratellanza e amore universale e a dispetto dei suoi detrattori quelli per cui il reggae è tutto uguale.

Si parte dal 1966 sino ai giorni nostri. Elencarli tutti è impossibile, ma molti nomi sono balzati nelle charts internazionali, diventando noti anche ai non adepti del genere: Jimmy Cliff, Aswad, Tennis Brown, The Wailers, Bob Marley, Peter Tosh. Il reggae, inoltre, nella nostra penisola ha avuto una fortissima diffusione negli anni ‘70/’80, culminata con i raduni oceanici di Bob Marley a Roma e Milano e di Peter Tosh (1980)

Il libro, anche se incentrato solo su schede dedicate ai dischi, scorre con piacere sia nelle mani degli appassionati che in quelle dei semplici curiosi.

La musica è comunicazione, incontro e (com)unione tra popoli e generazioni diverse. E fino ad oggi il reggae ha compiuto a meraviglia questa missione, incredibilmente senza sentire il bisogno di rinnovarsi.

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