Comaneci
Anguille
(Santeria Records, Wallace, Tannen Rec)
dub, trip-hop, dream folk, psych folk, elettronica, folk elettroacustico, soul
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A distanza di cinque anni dalla pubblicazione di Rob A Bank, la band ravennate Comaneci – attiva dal lontano 2005 – manda alle stampe il suo quinto album intitolato Anguille, edito per Santeria Records, Wallace Records e Tannen Records e anticipato dall’uscita dei singoli Loss Of Gravity e Little Girl.
Il collettivo romagnolo – composto da Francesca Amati al pianoforte e voce, Glauco Salvo alle chitarre, pianoforte, elettronica e voce, Simone Cavina alla batteria e percussioni – realizza un nuovo step autorale distillato in undici tracce dalle intense proprietà immaginifiche: una suggestiva ed evocativa miscela in cui echi sognanti e luccicanti di psichedelia folk statunitense, riverberi chiaroscurali di scuola trip-hop bristoliana, incursioni etnico-tribali e tonalità lounge vellutate si ergono su fondali introspettivi di malinconia e ricordi.
Un raffinato mosaico ricamato con tessere sonore dai colori tenui e cangianti, che si esalta nel valore inclusivo delle diversità e si impreziosisce grazie alla collaborazione di artisti quali Tim Rutili dei Califone (Loss Of Gravity), Troy Mitea aka Dead Western (Couldn’t Help It), Mattia Coletti alla chitarra elettrica (Couldn’t Help It) e Luca Cavina al basso e synth (Couldn’t Help It, Little Girl, Hidden Place).
Il nucleo tematico della release, come intuibile dal titolo e nella grafica dell’artwork, ruota intorno alla metafora dell’anguilla, alla sua figura sinuosa, enigmatica e ambigua che – in quanto metà pesce e metà serpente – simboleggia un confine allegorico tra più specie, rintracciando connessioni ibride tra mondi diversi, tra campi solo in apparenza diseguali: come mare e terra, numeri primi e logaritmi, passato e presente, cuore e ragione, spiritualità e materia.
Anguille è un disco incentrato sulla tenacia e sulla trasformazione, elaborato e concepito in tempi di lontananza e restrizioni, su quel sentimento di desolazione e smarrimento che i Comaneci, facendo di necessità virtù, hanno cercato di veicolare in musica, attraverso quello che è il loro linguaggio melodico e quella che è la loro sensibilità scritturale, rifugiandosi nel desiderio di esplorare nuove opportunità e nella determinazione di quella forza vitale – di natura anguillesca – indispensabile sia per sopravvivere sia per ripensare a un nuovo inizio, come potrebbe essere l’idea di questo nuovo lavoro discografico.
Se per la psicanalisi l’anguilla raffigura il nostro inconscio e l’oscurità dei nostri abissi emotivi, secondo la poetica nichilista di Eugenio Montale rappresenta l’abilità di resistere alle condizioni avverse di quei territori aridi, caotici e inospitali del vivere quotidiano: similitudine con il cerchio della vita, che caratterizza la storia dell’umanità.
La vita come un’orchestra che, a bordo del suo Titanic, non smette mai di suonare, che affonda sempre e sempre torna in superficie. Quello descritto dai Comaneci è un esercizio di empatia che serve a immergersi nel fango della contemporaneità – è da lì, dal fango, che nascono le anguille – per provare a dare un senso al mondo, ai suoi significati nascosti, dilatandosi verso una ricerca fonica d’atmosfere e poggiandosi dolcemente sugli scaffali della memoria, con la stessa leggerezza della polvere.
Così, rallentando gradualmente il respiro e immaginando di galleggiare in assenza di gravità, si resta sospesi in un viaggio interiore dal carattere confidenziale e balsamico, in quel nulla che non appartiene a niente e nessuno, in cui non sentiremo più il bisogno di mascherare i nostri momenti di debolezza – che tanto prima o poi arrivano per tutti – e dove potremo misurarci con nuove sfide senza dover rinnegare le nostre radici, liberi di fare le nostre scelte e cambiare rotta se necessario, fino a ricongiungerci con la fluida consistenza dell’acqua, da dove tutto ebbe inizio, per poi ricominciare daccapo.
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