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Coldplay: recensione di Moon Music

Il decimo album dei Coldplay sembra voler mettere un punto al discorso iniziato con il precedente Music Of The Spheres, senza però particolari colpi di scena.

Coldplay

Moon Music

(Parlophone)

pop

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La notizia che ha accompagnato l’uscita del nuovo album dei Coldplay ha destato molto scalpore nel mondo della musica (e preoccupazione tra i fan): sembra infatti che Moon Music, questo è il titolo del decimo lavoro della band inglese, sia anche il loro terzultimo prodotto discografico, che sancirebbe (e il condizionale è d’obbligo) la fine della carriera di Chris Martin e soci (o per lo meno di questo loro progetto comune) una volta raggiunta quota dodici. E dopo l’ascolto di queste ultime dieci tracce di recente uscita, mi sento personalmente di dire che forse, darsi una data di scadenza, non è poi una così cattiva idea.

In Moon Music, i Coldplay sembrano portare avanti il discorso iniziato con Music Of The Spheres, alla ricerca di un suono che nasce dai movimenti dei corpi celesti, in un mix di filosofia e matematica. E il richiamo allo spazio e alla galassie è preponderante fin dal brano di apertura nonché title track e ritorna costante in Alien Hits e nella conclusiva One World, così come nei suoni e nelle sperimentazioni che aleggiano come in un improbabile film di Kubrick. Risultando per altro la parte più interessante di tutto il disco.

Ma non è questo l’unico leit motiv in stile Coldplay: lo sguardo rivolto al cielo per scrutare gli astri in realtà è uno sguardo che tende a qualcosa di più ‘alto’ e più grande di noi. Ed ecco che ritorna a farla da padrona nei testi di Chris Martin l’amore, che muove tutto il mondo e gli esseri che lo abitano. L’euforia dell’innamoramento (feelslikeImfallinginlove), il perdurare del sentimento nonostante le difficoltà della vita (All My Love), perché “In the end, it’s just love” (One World). Ma anche l’amore per sé stessi, l’accettazione di Jupiter e di chi si sente fuori dai meccanismi classici della società.

Ed ecco che qui si inserisce il link con la tematica sociale, che tocca l’apice con We Pray, un inno alla fede, alla resilienza e all’unità come uniche strade possibili per il cambiamento. Un mix di frasi motivazionali, con quel “Never give up” che caratterizza più di una canzone, ma che a lungo andare rischia di perdersi in un cliché buonista.

Il tutto condito dai soliti ritmi pop (il che non è per forza un aspetto negativo), che fanno da tappeto sia alle tracce più sperimentali nelle quali la band sembra voler approcciare la musica delle sfere, che in quelle condite da sonorità più contemporanee, come il rap di We Pray, la disco di Aeterna e l’elettronica di Good Feelings.

Se da una parte l’intento con cui nasce Moon Music è di tutto rispetto, così come il portare avanti un’ipotetica trilogia che dia un senso di svolgimento al lavoro dei Coldplay, in questo nuovo disco sembra quasi che il quartetto inglese si limiti a dare al pubblico quello che vuole. Mossi da un sentimento di amore universale che rischia di cadere nello stucchevole, alla continua ricerca del coro da stadio, della ballad da lacrimuccia e del featuring con l’artista del momento, il risultato è un “niente di nuovo sul fronte occidentale”, che fa rimpiangere il passato nel quale, per lo meno, non sembravano costantemente destinati a implodere su loro stessi.

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