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Coffins: Buried Death

Buried Death è il nuovo capitolo della saga dei giapponesi, all'insegna del solito death-doom claustrofobico e senza fronzoli, difficile da digerire per i meno adepti ma decisamente affascinante nella sua essenza

Coffins

Buried Death

(Cd, 20 Buck Spin, 2008)

death, doom

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Sono passati due anni da quando i Coffins pubblicarono quello che, con ogni probabilità, rappresenta il punto più alto della propria discografia, ma Buried Death non fa rimpiangere più di tanto il predecessore.

Parliamoci chiaro, addentrarsi nella musica di questo “malato” trio giapponese non è semplice. Come sempre ci hanno abituato le bands di quella zona, ogni proposta per certi versi estrema è dotata di una propria peculiarità e questi Coffins non ne fanno eccezione.

Stiamo parlando di una proposta di doom/death classico lontana dai canoni britannici (primi Anathema e Paradise Lost) e più vicino a bands del calibro di Asphyx e – soprattutto – Goatlord del quale ne riprendono anche una certa attitudine stoner.

Probabilmente differente a livello di songwriting rispetto ai successori per quanto riguarda l’utilizzo di brani decisamente più veloci e con meno cambi di ritmo, [i]Buried Death[/i] sa comunque farsi apprezzare nella sua essenza claustrofobica, nel suo incedere straziante tra riffing monolitici e dalle frequenze altissime ed il growling d’oltretomba del singer-chitarrista Uchino.

Tra i brani più interessanti del lavoro, l’opener Under The Stench è sicuramente il migliore, legato più ai “vecchi” Coffins visto l’incedere decisamente più cadenzato, ripete fino alla fine lo stesso – azzeccatissimo – riff.

C’è da dire però che i giapponesi ci sanno fare anche alle prese con brani più veloci come dimostrato dal complesso in questo lavoro di cui un riassunto calzante e perfetto è dato da Purgatorial Madness sicuramente il brano che osa di più con un riff ai limiti dello stoner/punk per certi versi assimilabile ai vecchi Melvins non fosse per la distorsione estrema che lascia comunque il brano nell’ambito del ferale death/doom.

Stiamo parlando di un prodotto decisamente di “nicchia” ma che non potrà non affascinare gli amanti di certi tipi di sonorità come, del resto, il sottoscritto.

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