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C+C=Maxigross: Fluttarn

È uscito Fluttarn (“Fluttuare”), il secondo album dei C+C=Maxigross, che chiude una trilogia ad alto tasso di psichedelia

C+C=Maxigross

Fluttarn

(La Famosa Etichetta Trovarobato/Vaggimal Dischi)

psichedelia

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C+CDove diavolo è Vaggimal? Vaggimal è una frazione del comune di Sant’Anna D’Alfaedo in provincia di Verona, è un borgo di neanche 150 anime e i C+C=Maxigross arrivano proprio da lì.

C’è di che documentarsi prima di poter recensire Fluttarn (“Fluttuare”), il loro secondo album, che chiude una trilogia iniziata con l’EP Singar (“Cantare”) e proseguita con l’LP Ruvain (“Rumoreggiare”). I titoli infatti sono in Cimbro, una lingua arrivata sulle loro montagne nel medioevo per mano di popolazioni germaniche, ma ormai più che desueta anche qui in Lessinia (la zona alpina che cinge la città di Romeo e Giulietta).

Quando di fronte si ha un artista così legato al territorio è quasi automatico pensare immediatamente al Sud della nostra Italia, ai mandolini, ai limoni e a tutti quei dialetti lontani ma arcinoti per via delle tante melodie e delle tante macchiette cinematografiche che ci rimbombano accomodanti.

Stavolta invece siamo al nord, e che nord. Il profondo nord-est, quello delle fabbriche e della immensa pianura dove pulsa il tessuto socio-economico della Padania. Non dovrebbe essere così ma questo rende un tantino diffidenti, facendoci immaginare orde di nuovi barbari che scendono a valle famelici di conquiste.

E invece qui c’è solo un sanissimo –e bellissimo- legame con la propria terra e con la propria cultura. Nessuna traccia di politica.

A loro di tutto questo non gliene frega niente. E francamente neanche a noi.

Quindi, dopo questa introduzione letteral-geografica con venatura economico-politica, veniamo a loro.

A dire il vero i C+C si sono già fatti notare a certi livelli. La loro avventura, iniziata nel 2008 per il piacere di ritrovarsi in cima a qualche vetta innevata a suonare canzoni folkeggianti, gli è poi “sfuggita” di mano trasformandosi in un’esperienza quasi surreale.

Nel 2012 hanno vinto Arezzo Wave e via, destinazione America, per una tournée promozionale indimenticabile. Sono saliti alla ribalta di media nazionali come XL di Repubblica e, oh, vuoi mettere la soddisfazione se registri ad alta quota tra i pascoli e le vedute suggestive di panorami sconfinati?

La loro evoluzione, che in un certo senso Fluttarn porta a compimento, inizia da lontano, da quello che loro stessi definiscono folk pop naif del loro EP d’esordio, passando per il pop barocco del primo LP che si spinge a oltrepassare il confine di prog e soul.

I nuovi pezzi veleggiano in territori psichedelici sedimentando in un progetto piuttosto complesso gli ultimi 3 anni della band, caratterizzati da una fervente attività dal vivo, registrazioni e jam session varie che hanno lasciato il segno indelebile di contaminazioni osmotiche inevitabili.

Tre anni non sono pochi, soprattutto se vissuti con questa intensità, e il risultato è un album che certamente piacerà agli amanti del genere piantando i C+C in una delle posizioni di maggior interesse dell’attuale panorama indie.

Il loro nome è curioso e deriva da una catena di supermercati piuttosto diffusa in Veneto, la C+C Maxigross (senza =). Scelta curiosa, coraggiosa, anche discutibile se vogliamo. Si sono marchiati di un brand che è figurazione di capitalismo, grande distribuzione, globalizzazione, e lo usano per promuovere musica di nicchia sfidando ogni regola del marketing, a partire proprio dal nome. Ma anche di questo a loro non gliene può fregare di meno. Volevano solo un nome che fosse strampalato e controcorrente, alla ricerca di originalità un po’ come la loro musica.

Evviva Verona, evviva l’Italia.

 

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