Case Di Vetro
Sete
(DreaminGorilla Records/Marsiglia Records/Wasabi Produzioni)
pop-rock
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I Case Di Vetro vengono da Genova e Sete è il loro primo EP. Guardano in alto i cinque liguri, tendendo a generi ed influenze che spaziano dal dream-pop al post-rock, dall’indie allo shoegaze. Guardare lontano è certo un pregio, tuttavia non sempre è cosa facile mettere a fuoco tutto ciò che compone il fotogramma. E’ così che, fatalmente, ciò che ne viene fuori è un ciambellone di pop-rock italiano.
Le melodie sono ammiccanti e di facile ascolto, tuttavia la scansione metrica e l’uso delle assonanze vanno decisamente tarate meglio. L’impressione è quella di una scollatura tra liriche e melodia che si rincorrono l’un l’altra senza camminare mai davvero insieme. Il risultato è (peccato) una perdita di appeal che pesa sulla buona ossatura strumentale, mai sopra le righe e sempre ben congegnata nonostante la poca originalità.
I temi trattati sono evidentemente frutto di esperienze che toccano o hanno toccato emotivamente i componenti della band. La componente emotiva ed istintiva è un aspetto assolutamente positivo, indice della purezza e della freschezza dell’intenzione di questi ragazzi. E’ pur vero che quando l’emozione, ed il rossore poetico che la accompagna, non viene filtrata attraverso gli strumenti della scrittura, può risultare poco strutturata. E’ emozionante sorridere dell’innocenza di alcuni versi, come lo si fa di un bambino che impara a camminare, ma bisogna constatare che ci sarà bisogno ancora di tempo ed allenamento prima che quelle gambe possano correre.
In questa innocenza ci sta dentro il mal’assortimento di termini ed immagini che non comunicano apparentemente nulla se non flash di istanti che si susseguono, liberi da alcun apparente filo logico. Assenzio e cocaina producono effetti diversi e sono correlati ad immaginari totalmente differenti, eppure qui sono utilizzati quasi come sinonimi per spiegare un medesimo concetto. Così come immagini quali “la testa sotto terra” che nell’immaginario collettivo vuol dire qualcosa di simile al concetto di nascondersi dietro ad un dito, qui viene associato all’atto di pensare ai fatti propri isolandosi dagli altri…che nell’immaginario collettivo viene espresso con l’immagine diametralmente opposta della “testa tra le nuvole”.
Il lavoro si conclude con la frase “Nell’orizzonte di un sole nuovo/siamo i figli/del buio della notte del silenzio/che scivola” (dove? come? perchè?) che sembra racchiudere in sé l’essenza di tutto il disco. Un EP che si muove sulle linee di verbi attivi trasformati in predicati riflessivi. Un lavoro che risente di influenze beat italiane più che di brit-pop. Più Mogol/Battisti che Slowdive. Più Alan Sorrenti che Cocteau Twins.
Sete è sicuramente un buon punto di partenza verso una maturità da coltivare ed accudire. Non lo si può definire un risultato raggiunto proprio per la qualità intrinseca della sua fattura, che lo vede più simile ai blocchi di partenza che non ad una corsia sulla quale correre. In un mondo invaso da talent e successo (apparentemente) facile tanto quanto labile, lo spirito di questi ragazzi che viaggiano controcorrente è da lodare. Se c’è una cosa che i talent e gli idoli effimeri dei giorni nostri proprio non insegnano, è la fatica della gavetta e l’importanza dell’esperienza sul campo: fondamentale per migliorare ed essenziale da accumulare prima di arrivare ad uno stile ed una produzione davvero personale.
Non mi resta che augurare ai Case Di Vetro buon lavoro e buon allenamento.
10
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