Blind Ride
Paranoid-Critical Method
(Overdub Recordings)
post-rock, noise, gothic rock, garage punk
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A distanza di tre anni dall’esordio con l’EP Too Fast for a Sick Dog, i molisani Blind Ride mandano alle stampe il loro primo full-lenght intitolato Paranoid-Critical Method, edito per Overdub Recordings e anticipato dall’uscita dei singoli Surrogate Of A Dream e Relationship Goals.
Con il termine Paranoid-Critical Method si intende il processo di creazione ideato da Salvador Dalì, incentrato sulla trasformazione in linguaggio artistico e metaforico di ciò che deriva dagli inconsci turbamenti della psiche. Concetto che il terzetto di Campobasso – composto da Marco Franceschelli alla voce e chitarra, Angelo Di Lella alla batteria e Piergiorgio Mastrantuoni al basso – è riuscito ad assimilare e modellare secondo quella che è la propria sensibilità autorale, proiettando quell’humus tematico all’interno di un sound elettrificato in espansione, con l’obiettivo di affinare la propria impronta calligrafica e dare continuità a quel dialogo costante e avvolgente tra solidità ritmica e fluidità melodica.
Sul versante della costruzione strumentale, i Blind Ride hanno intessuto un disco più d’atmosfera rispetto al precedente, attraverso un’architettura compositiva che si traduce in un serraglio di fitte trame ossessive di velluto gotico e vigore new wave, estraendo il liquido più denso dei Killing Joke e The Cure (Surrogate Of A Dream), in cui si intersecano chitarre taglienti e acide di memoria post-rock slintiana (A Song Without Words), asperità abrasive di psichedelia lisergica garage-punk (For You, Stranger to My Eyes) e ambientazioni notturne in sospensione dal timbro accennatamente Mokadelic (Numbers), ricavandone, alla fine, un concentrato di pura tensione cinematica filtrata attraverso la vena pulsante, quasi tribale, della combo basso-batteria.
Le otto tracce di Paranoid-Critical Method (cantate in inglese) si affacciano su diversi fronti dell’attualità, del nostro vivere quotidiano: si va dalle scelte di convenienza dettate dalle alienanti logiche del consumismo (“thank you buy entertainment, everyone trusts, everybody loves corporate rock”) alle contraddizioni che ruotano intorno alle relazioni interpersonali, da quella sensazione di sentirsi stranieri anche davanti ai propri occhi al presentimento di vivere all’interno di realtà alterate da sogni surrogati (“don’t you agree to live in a surrogate of a dream, don’t you allow to be sad as the life they live, walking corpses deprived of memories”), passando per le atrocità delle guerre in nome del fanatismo religioso (“may the Lord who blessed our fathers drive the lead through children’s bodies, may God forgive them for being weak and losing the war proudly”), fino ad accarezzare la velleità di anestetizzare le delusioni accumulate nel tempo, utilizzando la musica come surrogato per poter fuggire verso un’esistenza migliore.
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