Black Lips
Underneath The Rainbow
(Vice Records)
garage rock
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Ogni volta che le labbra nere dei Black Lips tornano per succhiare consensi e qualche stelletta per il loro nutrito medagliere, pare che qualcosa si muova o perlomeno che la vita prenda qualche scossetta di energia in più, non sempre riesce ma quando succede ben vengano ballate, armonie in contrasto con urletti, mossette jaggeriane e quel garage-rock che da anni imperversa nelle loro testa calda, anche perché il rock è come carne di maiale, non si butta via niente e carpe diem!
Underneath The Rainbow è il settimo disco in studio per la band di Atlanta capitanata da Cole Alexander, ed è un disco corale, pieno di inni, poesia amplificata, ritmi catchy, garage fulminante e tutto lo skiffle americano che si possa intercettare intorno, nove tracce tra il dolce bisbetico e il brancolante che arrivano subito al loro compito esclusivo, quello di ficcarsi dentro ed infrangere la divisione naturale tra ascolto e immaginario, e lo fanno senza tanti convenevoli lasciando magari qua e la qualche chiazzetta di ballate assassine (Boys in the wood, I don’t wnna go home, Smiling) che non guastano mai, anzi ammorbidiscono la tensione giocherellona di un ottimo disco che invece già la critica allargata ha decretato come “un mezza roba” tra il tutto ed il niente.
A maledetta critica, anche se i passati della formazione erano ben più roventi, qui ci si mantiene ancora su buoni livelli di garagismo doc, quel bel mix di Stones (Make you mine), Ramones (Dorner party), Yarbirds (Waiting), che una volta impastato a dovere da i suoi porci risultati specie nella tarantiniana (Do the vibrate), traccia che esplode tutta la sua carica malandrina e persecutoria verso reiterati e plurimi ascolti ossessivi.
Sebbene l’età i nostri non hanno mai messo a posto (meno male) la zucca, impertinenti e “divinamente” volgari si mantengono in fresco nonostante il calore delle loro distorsioni, e a noi tutto questo non può far altro che piacere e allora “lunga vita alle labbra nere”!
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