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Asobi Seksu: Hush

Dream pop e candide pulsioni giovanili in un disco incantato e fiabesco. Il video di Me and Mary

Asobi Seksu

Hush

(Cd, One Little Indian, 2009)

dream pop, shoegaze

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asobiseksuhushcoverUna canzone può essere bella per diversi motivi: può portare un po’ di leggerezza in una giornata buia, può dare la giusta carica adrenalinica, può cullare placidamente la testa e i nervi. I dodici brani di <i>Hush</i>, terzo album della band newyorchese Asobi Seksu, sono indiscutibilmente belli per un altro motivo ancora: grazie alla loro potenza evocativa, hanno la capacità di trascinare in un altro luogo magicamente irreale, permettendo così all’ascoltatore di dimenticarsi, almeno per qualche minuto, delle brutture di questo mondo.

Gli Asobi Seksu sanno diluire tra loro diversi elementi, come le sonorità soffuse del dream pop,la grinta adolescenziale dello shoegaze, la tenera semplicità del pop degli anni Sessanta e l’ipnotica ciclicità di riverberi e di dilatazioni tipica della psichedelia. Tutti questi riferimenti sono cuciti insieme dalla voce pulita e sognante della vocalist, Yuki Chikudate, che viene accompagnata da arrangiamenti ricchi e ariosi.

L’effetto finale è quello di un disco straniante, che rievoca un mondo di amori adolescenziali, casti sospiri, latente sensualità velata dal pudore, flebili pulsioni, innocenza, ingenuità e candore giovanile, il tutto immerso in un’atmosfera fiabesca, sospesa tra realtà, ricordo e sogno.

Sono tanti gli elementi che rendono Hush un album ben riuscito: i morbidi vocalizzi liberatori di Familiar Light, la rutilante melodia di Transparence, il mellifluo rock di Me & Mary e il languido duetto tra la voce maschile e la voce femminile di Blind Little Rain, brano che conclude l’album con una sfumatura buia.

Hush è un disco delizioso, da ascoltare fino a sprofondarci dentro con tutto il cuore. Perché nelle sue delicate atmosfere, la malinconia e la tristezza esistono solo se sublimate dall’innocenza di una voce naive e da una melodia trasognata.

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Sofia Marelli
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