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Artemisia: Gocce d’Assenzio

Artemisia, da Gorizia un rock ben suonato che strizza l'occhio, quasi troppo, alla musica di venticinque anni fa

Artemisia

Gocce di Assenzio

(Cd, Videoradio)

rock

[starreview tpl=16]

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Il genere musicale universalmente conosciuto come rock, ha la capacità di voler dire tutto e di non voler dire niente. Di conseguenza è difficile definirlo e perciò, si ricorrono alle etichette per fare un po’ d’ordine.

La domanda è: gli Artemisia fanno rock? Certo che sì. Lo sanno suonare? Direi di sì, lo sanno suonare. Che tipo di rock fanno? E qui le cose si fanno più complicate.

Fanno un rock piuttosto scontato, che suonava vecchio già a metà degli anni ’80, sia per i suoni che le tematiche, coraggiosamente cantato in italiano dalla bella Anna Ballarin. Un mescolone con schitarrate ed improvvise variazioni di tempo che invece di entusiasmare o dare energia al brano, spesso causano l’effetto inverso, lasciando l’ascoltatore piuttosto perplesso.

Non manca la ballatona struggente, il Tempo, che è il brano in assoulto migliore del disco, una perla, resa lucida dalla voce ma con delle piccole imperfezioni (l’assolutamente inutile parte di assolo (?) circa a metà che distrugge l’emozione del brano, per non parlare di come si chiude (che senso ha quel basso/cassa?).

Poi si ritorna nel già sentito, rock baroccheggiante fino al secondo episodio di un certo valore, il Sentiero, che ha un riff di base che ricorda vagamente Love Will Tear us Apart dei Joy Division, e con la fisarmonica che rimanda a How Beautiful you Are dei Cure, canzoni con le quali non ha niente altro da spartire. Anche in questo caso l’emozione ben costruita del brano viene clamorosamente annientata dopo circa tre minuti da un passaggio di basso e rappato per sfociare in una chiusura che lascia interdetti, che non c’incastra asolutamente niente! Poi il disco prosegue sui soliti binari. Aspetto di vederli in concerto per capire le loro vere intenzioni.

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