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Art of Wind

Otto tracce seguono lente lo scorrere del fiume sulle rive del quale sono state generate, a comporre un album senza titolo, che poi forse non è neanche un album

Art of Wind

Art of Wind

(Cd, In the bottle Records)

folk

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A leggere la nota di presentazione che accompagna l’album, mi sono chiesta cosa volesse comunicare l’artista con quelle poche e frammentarie righe. Mi spiego meglio: di solito per dare maggiore risalto o immediatezza a un album, si produce un comunicato nel quale si sintetizzano tematiche e influenze, mettendone in risalto i punti di forza. Invece, nel caso di Marco Degli Esposti, al secolo Art of Wind, viene riportato semplicemente ciò che dice di lui il suo profilo pubblicato su Myspace, il miglior veicolo per far arrivare la propria musica in tutto il mondo (cibernetico e non). E ciò mi ha leggermente spiazzato. Perché così facendo ha rivelato tanto di sé dicendo niente, apparentemente.

Scopro quindi che Art of Wind, oltre ad essere lo pseudonimo dell’artista, è anche il titolo dell’album, o meglio l’unico titolo possibile, visto che prese nel loro insieme queste otto tracce un titolo non ce l’hanno. Sembrano quasi nate dal caso, dall’urgenza di fare musica senza necessariamente un impiego discografico. E quando questo, volente o nolente, alla fine si esplicita, per convenzione si sceglie l’omonima. L’album si chiamerà quindi Art of Wind. Fatta questa premessa, per me essenziale, soprattutto per mettervi nel mood giusto, vado avanti.

La scelta dello stile folk cantautoriale voce e chitarra paga. E in questo The Niro docet. Lungi da me però paragonare i due artisti, diversi nonostante la scelta del genere. Perché The Niro si presenta da solo, con quella voce strepitosa e quella maestria nel suonare davvero senza eguali. Dalla sua però Art of Wind ha un timbro decisamente particolare, quasi gracchiante a volte, che ben si accompagna alle sue liriche e melodie. Anch’egli predilige la chitarra, a tratti il banjo, come strumento principe e lascia che la voce faccia tutto il resto. E fa del suo meglio con ciò che ha a disposizione.

Riesce a parer mio a convincere al 100% con un paio di brani molto intimisti, come Home e Seven Ghosts & Marion, cantata a due voci, dove il connubio tra maschile e femminile è ulteriormente sottolineato dal pianoforte. Le restanti tracce si dondolano su queste atmosfere folk senza distaccarsene troppo, prive di particolari variazioni o sussulti dell’anima (che invece i due summenzionati pezzi secondo me riescono a produrre), rischiando di stagnare nella monotonia e mettendo persino in dubbio la ricchezza della vena creativa dell’autore.

Impostata la rotta, sta ad Art of Wind scegliere quei tragitti alternativi che fanno del viaggio un’esperienza di vita, permettendo di maturare, come persona e come artista.

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Simona Fusetta
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