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Anti-Flag: The People Or The Gun

Punk e denuncia sociale nel nuovo album della band di Pittsburgh. Tanto entusiasmo e tanta buona volontà, ma ...

Anti -Flag

The People Or The Gun

(Cd, SideOneDummy)

punk

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anti_flag_the_people_or_the_gunBisogna premettere che la confusione, sia mentale che musicale, ha sempre fatto parte del DNA degli Anti- Flag. La band, nata nel 1988 negli ambienti underground di Pittsburgh, fin dai suoi esordi dimostrò una certa ambiguità: la musica era quella grezza del punk, ma le idee? Il gruppo frequentava ambienti di sinistra, benché avesse degli atteggiamenti simil-fascisti. Sembrava quasi che il loro obiettivo fosse quello di essere indistintamente contro, di dare scandalo con l’invettiva ma senza avere delle posizioni ben chiare e motivate.

Poi gli Anti-Flag sono cresciuti, le loro idee si sono un po’ stabilizzate, ma sembra che in questo nuovo album, The People Or The Gun, abbiano ripreso le vecchie abitudini, scagliandosi in modo indifferenziato contro tutto e tutti, attraverso testi goffamente provocatori che vanno a rimpinzare dei suoni punk triti e ritriti, i quali, solo ogni tanto, manifestano qualche bagliore di originalità.

Nel calderone degli obiettivi polemici ci finisce tutto, dalla religione, come in Sodom, Gomorrah, Washington DC (Sheep in Shepherd’s Clothing), all’economia, in The Economy Is Suffering Let It Die. Si passa poi alle vessazioni sul lavoro in You Are Fired (Take This Job, Ah, Fuck It) fino all’inno antimilitarista di No War Without Warriors (How Do You Sleep?).

Dal punto di vista prettamente sonoro viene ripetuta la stessa identica formula: pochi accordi fracassoni, chitarre che grattano sopra una batteria che picchia duro e voce che si sgola in mezzo a un’anarchia musicale la cui potenza è innegabile, ma che a sentirla ripetuta nello stesso modo per  undici brani perde di efficacia. Fa eccezione This Is The First Night, l’unico brano d’amore, in cui c’è un accenno di melodia che, pur non riuscendo a rendere la canzone particolarmente originale, almeno la rende piacevole e godibile, senza perdere la ruvidezza tipica del punk.

Un disco che non convince sia per la critica sociale, che viene sviluppata con accuse troppo abusate e generiche, sia per la parte musicale, che non ha alcun pregio di rilevanza. Se si vuole usare la musica come un’arma  bisogna essere incisivi, coraggiosi, memorabili. Se ci si appoggia su delle ovvietà, le parole rimangono vacui slogan, presto dimenticati alla fine della canzone.

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Sofia Marelli
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