Animal Collective
Merryweather Post Pavilion
(Cd, Domino, 2009)
avant-pop
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Dunque non per fare il salomonico a tutti i costi (non mi si addice, davvero) ma la verità come una mannaia si abbatte su questo disco proprio nel mezzo, fra le riflessioni pseudo intellettuali dei critici musicali ed il gusto retrò di un bel numero di ascoltatori appassionati.
Fatti, dunque. David Portner (voce) è decisamente in debito con Peter Gabriel, non è una colpa, nè un merito, nè un caso (trasversale su tutto il disco, sin da In the Flowers) è un dato di fatto. La struttura compositiva dei brani richiama nell’utilizzo delle percussioni e delle tastiere un Genesis style piuttosto marcato (vogliamo parlare dell’eterea No More Runnin?!).
Superficiale sarebbe fermarsi a questo. All’interno del disco emergono con una certa costanza elementi canterburyani accanto a melodie Beach Boys ed all’elettronica tedesca (ascoltate quella sintesi spettacolare che è Brothersport),il tutto condito da un’ispirazione sessanta/settanta ed a echi di psichedelia Barrettiana rimiscelata attraverso un gusto e sonorità piuttosto contemporaneee (avantpop si direbbe).
Ed è qui il punto, credo. Gli Animal Collective non inventano nulla, ma la loro abilità sta nel riuscire a coniugare istanze differenti, dando comunque una generale
immagine di attualità e sintesi di generi. Un pregio, secondo il sottoscritto (esperimento già tentanto con alterne fortune da TV On The Radio e No Age) neanche
particolarmente anarchico, visto l’ordine complessivo e l’orecchiabilità generale di tutto il progetto.
Vedetela come vi pare, ma ascoltatelo.
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