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Altre di B: recensione di Sdeng

Sdeng per gli Altre di B è il riflesso di un cambiamento che ricalibra l'ago della bussola emotiva del collettivo emiliano e conferisce continuità e contaminazione al suo spartito sonoro.

Altre di B

Sdeng

(Costello Records, We Were Never Being Boring)

brit rock, emo-power, melodic punk, jangle, etno-jazz,

[voto 3]

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altre-di-b-recensioneÈ uscito  Sdeng, il nuovo take discografico della band alt-rock bolognese Altre di B, edito per le etichette Costello Records e We Were Never Being Boring ed anticipato da ben sette singoli sui dieci brani totali contenuti in questa nuova release.

Gli Altre di B (nome mutuato dalla schedina del totocalcio) sono già noti al grande pubblico per aver aderito a diverse iniziative e produzioni in ambito musicale e non, come il videoclip di Dino Zoff con la presenza proprio dell’ex calciatore, la partecipazione a varie puntate di Quelli Che il Calcio su RAI 2 in veste di inviati per il Bologna, la realizzazione della sigla della serie A di Basket italiano, Campetto, e la performance di Sherpa al MAPEI Stadium.

Il quintetto felsineo, attraverso le dieci tracce di questo nuovo album dal titolo onomatopeico, festeggia il suo primo decennale di attività proiettandosi verso quel processo di maturità artistica che ci si aspetta una volta superati i trent’anni. Dieci canzoni inedite cantate in inglese, eccezion fatta per la collaborazione con i concittadini de Lo Stato Sociale nel brano Lungomare, con le quali gli Altre di B, sulla scia di realtà internazionali quali Metronomy, Strokes, Real Estate e Mac DeMarco, alternano stili e stati d’animo, facendo leva su un sound istrionico e farcito da una buona dose di frizzante cazzeggio weird-folk.

Per la prima volta, gli Altre di B decidono di dare una svolta al loro percorso creativo, alla loro idea di musica visceralmente legata al tema narrativo delle radici, allontanandosi (non troppo, a dire il vero) da quella bolla protettiva rappresentata dalle mura cittadine bolognesi per rifugiarsi in un contesto satellite extraurbano, all’interno di un granaio, nell’equilibrio e nella semplicità di un ambiente rurale, tra i profumi e i colori della campagna circostante, in mezzo al granturco e agli animali.

Insomma, una sorta di piccola comunità hippie che si muove al ritmo esotico di bonghi afro-beat, tra briose, scintillanti e scanzonate armonie jingle-jangle di chiaro rimando brit rock (Diagram) e l’estetica fumettista della street art metropolitana, omaggiando, grazie alla collaborazione con lo street artist Mannaggia, la propria città d’origine con dei murales, uno per ogni canzone del disco. Come fece già qualche anno fa il cantautore statunitense Kurt Vile nella sua Philadelphia.

Quello degli Altre di B è un attaccamento a un circoscritto perimetro geografico che, però, va oltre il luogo fisico, al di là di qualsiasi riferimento cartesiano, e che ha contribuito, nel tempo, alla costruzione di un carattere identitario e autoreferenziale, ma sempre in divenire e mai statico, giocando sul dualismo tra introspezione e rapporti interpersonali.

Sdeng è, dunque, il riflesso di un cambiamento ambivalente: da un lato ricalibra l’ago della bussola emotiva del collettivo emiliano e, dall’altro, conferisce continuità e contaminazione al suo spartito sonoro, rendendolo più fresco e versatile: un morbido e profondo coacervo di melodie cristalline, escursioni acustiche folk dal piglio sbarazzino, deviazioni etno-jazz, malinconia emo-power, melodic punk anni ’90 ed atmosfere estive dal retrogusto agrodolce che si mescolano a dinamiche quotidiane, esperienze personali e ad un’insana ossessione per le mazze da baseball.

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