Alter Bridge
Roma, Atlantico Live, 11 novembre 2013
live report
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Quando andai a vedere il concerto di Slash del 2010 nella Capitale, ebbi la fortuna, dopo lo show, di incontrare la riccioluta leggenda del Rock e di farmi autografare quel vero e proprio capolavoro che è il suo disco omonimo; con la scusa strappai un’altra firmetta, sempre sul medesimo disco, al tipo che era con lui, al quale non mancai di fare i miei più sinceri complimenti: Myles Kennedy. Si era infatti rivelato la vera sorpresa dell’evento, tecnicamente perfetto, dotato di una presenza scenica ottima ma non invadente e di un’estensione vocale ai limiti dell’incredibile: riusciva a raggiungere picchi melodici che poco se non per nulla mi facevano rimpiangere le note altissime del carismatico Axl Rose (per quanto io ami fino allo stremo il Rosso Malpelo del rock…o quel che ne rimane!).
Da qui ad innamorarmi degli Alter Bridge, band del fenomeno in questione, il passo è stato breve: scoprii che Blackbird è uno dei più bei dischi rock del decennio scorso, e quando ho sentito il recente Fortress, uscito poco tempo fa, non ho potuto fare a meno di prenotarmi un posto all’Atlantico di Roma per il loro concerto che ora vi racconterò volentieri!
Partiamo nel pomeriggio alla volta di Roma da Siena e diversi disagi autostradali mi fanno temere che, molto probabilmente, arriveremo troppo tardi per l’esibizione del gruppo spalla, gli Halestorm: il dubbio viene confermato dall’arrivo al Palatlantico alle 20:50 e dal fatto che, mentre percorriamo il viale d’ingresso, mi sembra di intravedere Lizzy Hale, carismatica front-girl della band, gustarsi una sigaretta dietro ai tour bus. Peccato!
Gli Alter Bridge salgono sul palco poco dopo le 21.00 e l’inizio è a dir poco devastante, un poker d’assi: Addicted to pain, primo eccellente singolo tratto dall’ultima fatica del gruppo, apre le danze, seguito, per la nostra gioia, da un trittico del superlativo Blackbird: la potentissima White Knuckles, Come to life e la splendida e trascinante Before tomorrow comes spingono a saltare e a urlare a squarciagola un pubblico scatenato, rockeggiante ed educato.
L’atmosfera è piacevolmente rock, Myles ringrazia in italiano il pubblico partecipe dell’Atlantico, la band sembra particolarmente in forma: si prosegue con Cry of Achilles dal nuovo album e con la bellissima e melodica Ghost of days gone by dal terzo album della band, poco proposto stasera a differenza di Blackbird: ecco infatti arrivare una nuova botta di rock duro con Ties that bind dopo la quale Kennedy lascia il microfono al talentuoso chitarrista Mark Tremonti per un’ottima Waters rising.
Tremonti e Kennedy dominano perfettamente la scena e si dimostrano addirittura interscambiabili: il chitarrista non se la cava male con la voce, mentre Myles si rivela un eccellente chitarrista, anche se lascia il proprio strumento per potersi concentrare sulle difficili note di Broken Wings e Metalingus dal primo album.
Anche Scott Phillips fa un ottimo lavoro, tanto da farmi sperare in un solo di batteria (è uno dei batteristi moderni che prediligo) che però purtroppo non arriva, mentre Brian Marshall si comporta….. da bassista: non si espone troppo e pensa più che altro suonare perfettamente, cosa che gli riesce davvero bene.
Dopo una travolgente Blackbird, Myles imbraccia una chitarra acustica ed invita sul palco Lizzy Hale per duettare una splendida versione di Watch over you, uno dei momenti più ricchi di pathos dei live della band.
Farther than the sun e Lover da Fortress risvegliano il pubblico, che viene salutato da Isolation e Open your eyes. Dopo un paio di minuti la band torna sul palco per eseguire due versioni da brivido di Calm the fire e Rise today.
Già finito! Gli Alter Bridge lasciano il palco come sono arrivati, dopo un’ora e mezzo abbondante di martellamento; il pubblico è sazio e ora si cerca di correre ai parcheggi senza bagnarsi troppo perché nel frattempo anche a Roma è arrivata la pioggia!
C’è poco da dire: ogni componente della band ha svolto il suo ruolo perfettamente, Myles ha cantato melodie allucinanti con una tale leggerezza da farle sembrare alla portata di chiunque, Tremonti si è confermato lo spettacolare chitarrista che è nei dischi. Su Phillips e Marshall poi null’altro si può dire se non perfetti. Questo gruppo si è rivelato compatto e forte, capace di tirare fuori un’energia davvero notevole.
Consiglio a chiunque ami il buon rock di vedere uno show degli Alter Bridge: l’occasione ideale per sentire della musica davvero valida suonata da gente veramente capace!
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