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Almamegretta: Senghe

È uscito Senghe: se i musicisti avessero la capacità di invecchiare a livello artistico come stanno facendo in maniera egregia gli Almamegretta, oggi avremmo meno star da social e più qualità.

Almamegretta

Senghe

(The Saifam Group)

dub

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È bello, anzi magnifico, rivedere e riascoltare gli Almamegretta. Sono passati tantissimi anni da quando i campani fecero il loro esordio nella musica che conta, ma il tempo sembra non aver scalfito la propria bravura, nonostante i tanti problemi a cui sono andati incontro nel corso della loro lunghissima carriera. Senghe, uscito da qualche settimana, è un disco che risalta di luce propria e che contiene tutti quelli che sono gli elementi tipici della formazione napoletana.

Cè il dub, l’elettronica, la sperimentazione, la musica napoletana mescolata con la tradizione arabeggiante, i riferimenti classici italiani. Insomma il menù è di quelli succolenti e, come al solito, è stato ben preparato da Raiz e compagni.

Si parte con il blues elettronico di Figlio e si capisce da subito che l’ispirazione è quella dei giorni migliori. Ci si addentra in territori elettronici orientali come in Homo Transient, mentre Toy rimanda indietro con la mente agli anni novanta con le sue raffinate soluzioni dub che si avvertono dalla prima sino all’ultima nota.

Ci sono momenti più easy listening come Make It Work che avrebbe tutto per essere un singolo trainante, a differenza della più intima e tradizionale Miracolo che ci fa sentire come se tutti vivessimo, anche per un solo minuto, a Napoli.

Una menzione speciale va fatta per la titletrack che ha un crescendo d’insieme che la rende un piccolo capolavoro elettronico sperimentale.

Se si cercano momenti più riflessivi, gli Almamegretta sono in grado di regalare una perla come ‘Na Stella.

 

Allo stesso tempo Ben Adam è un viaggio che ci riconduce al meraviglioso Lingo, uno dei loro indiscutibili capolavori.

Quello che stupisce è che non ci sono filler e che il lavoro non stanca, cosa che capita quasi sempre con gli album di oggi.

Nel finale si incontrano ancora episodi di rilievo.

Il reggae viene riletto alla loro maniera con Sulo che anticipa Water Of Garden, traccia che ha un sapore estivo – artificiale.

Si chiude il tutto con il caos costruttivo di O’ Campo che mette la ceralacca su un disco di tutto rispetto.

Se i musicisti avessero la capacità di invecchiare a livello artistico come stanno facendo in maniera egregia gli Almamegretta, oggi avremmo meno star da social e più qualità.

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Francesco Brunale
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