E’ in uscita il nuovo libro di Alessandro Gabrielli, We were born to follow (inseguendo i Bon Jovi), edito da Albatros, che già nel titolo racchiude la sua storia.
E’ essenzialmente un libro di viaggio, all’inseguimento dei propri eroi musicali. Ma, soprattutto, di se stesso. La musica, infatti, finisce a tratti addirittura sullo sfondo per lasciare spazio a luoghi, colori e persone di ogni dove, oltre che ai mille ricordi e pensieri del narratore: romantici, sagaci, delusi, entusiastici, sarcastici.
Siamo in una bettola di Praga tra piatti tipici e vecchi giocatori di scacchi. No, siamo sulla cima dell’Empire State Building. No no, siamo nella moderna Oslo. Anzi, nella rinascente Bucarest. Nella piccola Vercelli. Non c’è tregua, Gabrielli è proprio nato per rincorrere, con quel suo stile veloce, molto anglosassone, che lui stesso prova a spiegare così: “Giocare un po’ con le parole. E’ questa la cosa che so fare meglio. Mi piace provare a far cose strane che un po’ sono sfida e un po’ vanità. Trovare forme nuove, sperimentare. Ecco cosa intendo per giocare un po’ con le parole”.
Le peripezie alla volta dei luoghi che ospiteranno il prossimo concerto lo porteranno a girare buona parte del globo dormendo indifferentemente in hotel di infimo ordine o su panchine pubbliche, a mangiare nei fast-food o a digiunare del tutto (“è la spending review di ogni fan”, scrive l’autore), a noleggiare una macchina appena dopo essersi sposato a New York e a partire, direzione New Jersey, per un viaggio di nozze che è un pellegrinaggio on the road alla scoperta dei luoghi dei membri della band.
Ma il libro non è soltanto viaggio. Tutt’altro. Le trovate si rincorrono in questo zibaldone rock & roll. Ecco allora un capitolo che è quasi un caleidoscopio sociologico, dove i testi di alcuni brani del gruppo sono commentati da persone molto distanti tra loro per età, cultura, estrazione sociale, che hanno un solo minimo comun denominatore: non conoscono nulla dei Bon Jovi.
E ancora gli interventi cameo dei tanti compagni di avventure, della moglie rassegnata alla passione del marito (“meglio i Bon Jovi che le corna!”), di fan che raccontano di pranzi col batterista come di esperienze mistiche e semplici amici che definiscono questa mania “vagamente paranoica” e ammoniscono l’autore: “Bon Jovi nun ce la fa più a vedette!”. Ma, come dice lo stesso Gabrielli citando un vecchio brano della band, “Loro non capiscono ciò che noi sappiamo, colpa dell’amore per il rock & roll”.
Per concludere, un’analisi dei testi di alcuni brani del gruppo che non mancherà di stupire chi considera i Bon Jovi una icona dell’hair metal miracolosamente sopravvissuta a se stessa e agli Ottanta.
Insomma, un vero e proprio pot-pourri bonjoviano che non mancherà di appassionare anche chi non conosce o non ama particolarmente la band americana -che il prossimo 29 giugno tornerà ad esibirsi in Italia, nello stadio milanese di San Siro, in una tappa del Because We Can Tour 2013
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