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Aidan Moffat and The Best Of’s: How to Get to Heaven from Scotland

Lasciati alle spalle gli esperimenti spoken words, l’ex leader degli Arab Strap torna a cantare come solo lui sa fare.

Aidan Moffat and The Best Of’s

How To Get To Heaven From Scotland

(Cd, Chemikal Underground)

folk

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moffat09Un sottile senso d’angoscia serpeggia fra i solchi di questo album che vorrebbe essere pacificato e pacificante. Un sottile senso d’angoscia mascherato dalla morbidezza generale delle melodie di Moffat, ma dietro la superficiale atmosfera rilassata si percepisce la tensione nervosa che ammanta queste canzoni.

Ci muoviamo sulle coordinate folk a cui da sempre l’ex Arab Strap è legato, un folk strano e disturbato da influenze esterne che spaziano dall’elettronica al post rock.

La voce di Aidan è l’elemento riconoscibile che marchia a fuoco tutti i brani, con toni che sono suadenti e sussurrati ma allo stesso tempo ruvidi e alcolici.

Non è un album completamente centrato, ma non potrebbe essere altrimenti: tutto si muove in bilico sulle emozioni e le ispirazioni dell’autore. Ci si può commuovere nell’ascoltare il soffice contrabbasso, gli accordi liquidi della chitarra e il sinuoso tappeto d’archi di Atheist’s Lament o le mesmeriche suggestioni lo-fi della minimale A Scenic Route To The Isle Of Ewe; così come ci si può irritare durante la chiassosa filastrocca da pub di That’s Just Love. Ci si stranisce nel seguire il contrasto fra la delicata melodia vocale che introduce Now I Know I’m Right e l’intreccio malato di fiati che la conclude. Si viene ipnotizzati dal mantra addolorato di My Goodbye e dall’ossessiva e disperata cantilena di Lullaby For Unborn Child.

È un’altalena di sensazioni che lascia spiazzati a fine ascolto, questo How To Get To Heaven From Scotland. Poi ci rammentiamo che la musica deve suscitare emozioni. E – nel bene e nel male – Aidan Moffat e i suoi Best Of’s raggiungono l’obiettivo.

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