Afterhours
Forum, Assago, 10 aprile 2018
live report
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Io sono una della vecchia guardia. A me piace tenere i CD in mano, leggere il booklet, seguire l’evolversi di una band e soprattutto testarla dal vivo. Mi piace quando gli sforzi vengono ripagati e riconosciuti e dopo anni di club più o meno grandi, vedere il Forum di Assago sold out per gli Afterhours è una soddisfazione dal sapore di rivincita.
Rivincita di quella musica indie che negli anni ’90 non era di tendenza come adesso, ma che era la nostra unica forma espressiva. Le sue declinazioni rock, folk o elettroniche erano la rappresentazione del nostro essere, delle nostre speranze, frustrazioni e delusioni. Ve l’avranno già detto mille volte, ma per chi l’ha vissuto, musicalmente (e non) quel decennio ha significato qualcosa.
Il concerto di stasera si preannuncia più una festa che un semplice concerto: un momento di celebrazione di una carriera trentennale che è resistita a cambi di formazione, inevitabili conflitti interni, nonché all’evolversi delle mode.
Un gruppo che ha saputo reinventarsi, sperimentare, tornare alle origini e mettersi a nudo, con mosse talvolta anche azzardate (vedi alla voce X-Factor), ma che di sicuro ha saputo attirare l’attenzione su una realtà solida che è stata d’ispirazione per molti e destinata a fare la storia della musica italiana. Tanti gli ospiti annunciati, sebbene solamente tra gli ex membri, una specie di riunione di famiglia che comincia ad abbracciare più di una generazione.
Come da scaletta, poco dopo le 19.30 salgono sul palco Sem e Stenn; gli opening act sono stati scelti tra le band di X-Factor e nonostante le mille polemiche imperversate sui social, Agnelli ha regalato loro una bellissima opportunità, che potrebbe anche non avere seguito. Il duo ci presenta estratti dal loro album fresco di uscita, un misto di elettronica e synth pop che difficilmente si sente da queste parti e che affonda le radici nella new wave inglese degli anni ’80. Sia loro, sia i Ros, che li seguono on stage pochi minuti dopo con la loro carica rock, ricevono un buon feedback dal pubblico. Si cambia genere, si cambia look e il terzetto capitanato dalla cantante/chitarrista dai capelli fucsia scalda a dovere l’atmosfera in attesa degli headliner.
Alle 21 in punto Agnelli guadagna il centro del palco: “Buonasera, siamo gli Afterhours”. E partono le note di Dentro Marylin.
L’inizio della serata è affidato a una serie di tracce provenienti dal primo album in italiano, Germi, che lascerebbe presagire una scaletta “per disco”, subito smentita da Il sangue di Giuda. Il sestetto è in forma strepitosa: la ormai non più tanto nuova formazione è una macchina da guerra collaudata; stasera più che mai si percepisce anche in loro la voglia di festeggiare, di divertirsi, di mettere un punto a quello che c’è stato per iniziare qualcosa di nuovo. Su Padania si accendono i tre maxi schermi presenti sul palco e ai lati, per riprendere i musicisti o per riprodurre immagini in qualche modo inerenti alle canzoni. Si prosegue con Cetuximab, un momento per alcuni disturbante, ma per me sempre tra i più potenti della scaletta, nel quale D’Erasmo, Iriondo, Rondanini, Dell’Era e Pilia si prendono – stra-meritatamente – la scena.
Qualche pezzo dall’ultima release, Folfiri o Folfox, poi la presentazione della band, che però alla batteria non vede più Fabio Rondanini, ma Giorgio Prette, che prende posto dietro i tamburi per Ballata per la mia piccola iena e La sottile linea bianca. Prette sembra un po’ fuori allenamento, ma poco importa in un tipo di serata come questa, dove le imprecisioni lasciano il tempo che trovano.
Pelle chiude un’ideale prima parte di concerto. Ne seguiranno molte altre, per soddisfare le diverse esigenze sceniche. Il trittico La vedova bianca, Riprendere Berlino e Quello che non c’è, con la sua “foto di pura gioia” che dopo la pubblicazione della raccolta è diventata ancor più emblematica, portano alla seconda uscita. A rientrare on stage però sono cinque figuri in abiti demodé e maschere Walt Disney.
Terrorswing ci rivela la formazione originale di Hai paura del buio?, con Andrea Viti al basso, Dario Ciffo al violino e Giorgio Prette alla batteria. Alle loro mani e ai loro strumenti è affidata la parte dedicata a quell’album: Male di miele, Rapace, 1.9.9.6. (un anno terribile, ma anche quello della svolta), Lasciami leccare l’adrenalina e Dea si susseguono a ritmo sincopato con un’energia e una foga da lasciare – letteralmente – senza fiato.
Voglio una pelle splendida chiude il set e riporta la calma negli animi, lasciando spazio al successivo cambio di ambientazione, o meglio, di decennio.
È un Manuel in t-shirt vintage, jeans e basco a riguadagnare la scena, insieme a quella che è stata la prima formazione degli After: Cesare Malfatti alla chitarra, Paolo Mauri al basso, Alessandro Pelizzari alla batteria (per un paio di brani) e Lorenzo Olgiati alla chitarra (co-fondatore del gruppo), intonano i pezzi in inglese, quelli che molto raramente è capitato di sentire nei live. In una celebrazione come quella di stasera, lasciare indietro una parte così fondamentale e seminale come quella della produzione in lingua inglese sarebbe stato un vero sacrilegio.
Dopo i saluti e l’ennesima uscita, gli occhi del pubblico sono incollati al palco per capire che cosa succederà: di canzoni ‘imprescindibili’ ne mancano ancora tante, non può di sicuro essere finita così… infatti non è finita, ma non è al palco che dobbiamo rivolgere lo sguardo, bensì agli spalti, perché è proprio li che gli Afterhours 2.0 si materializzano, per un esperimento acustico magari non perfetto, ma di sicuro effetto. “Volevamo vedere gli After al Forum e potevamo farlo solo da qui”, dice Agnelli prima di intonare Bianca e Non è per sempre.
Di ritorno in quella che è decisamente la postazione più consona per dei musicisti, il finale è con il botto: La verità che ricordavo, Bye bye Bombay, a sottolineare che “è solo un po’ di me che se ne va” e Ci sono molti modi, perché in fondo “torneremo a scorrere”.
E quello che ci saluta è un Manuel Agnelli visibilmente commosso, consapevole di aver raggiunto un apice che non si sarebbe mai aspettato trent’anni prima (“anche perché un posto così trent’anni fa non c’era”) e di averlo fatto con il suo talento e la sua caparbietà, perché sebbene abbia avuto tanti e preziosi compagni di viaggio, in fondo sarà sempre e comunque lui il Deus ex machina degli Afterhours.
Stasera siamo stati parte di una famiglia, che per molti di noi tra il pubblico (pochi i rabbocchi “post X-Factor”) lo è se non da trenta, almeno da una ventina d’anni, abbiamo messo un punto anche noi a qualcosa. Ma non sono tristi le facce che escono dal Forum, perché un punto è anche l’inizio di una frase/fase successiva, e non vediamo l’ora di vedere cosa Agnelli ha in serbo per noi. A breve, chissà, potrebbe esserci un DVD della serata, visto che l’evento è stato filmato…
Setlist
- Dentro Marilyn
- Strategie
- Germi
- Ossigeno
- Il sangue di Giuda
- Padania
- Non voglio ritrovare il tuo nome
- Cetuximab
- Grande
- Folfiri o Folfox
- (Con Giorgio Prette) Ballata per la mia piccola iena
- La sottile linea bianca
- San Miguel
- Il mio popolo si fa
- Pelle
- La vedova bianca
- Riprendere Berlino
- Quello che non c’è
(Formazione “Hai paura del buio?” con Andrea Viti, Dario Ciffo Giorgio Prette)
- Terrorswing
- Male di miele
- Rapace
- 9.9.6.
- Lasciami leccare l’adrenalina
- Dea
- Voglio una pelle splendida
(Formazione anni ’80-’90 con Cesare Malfatti, Paolo Mauri e Alessandro Pelizzari)
- My bit boy
- Love on Saturday night
- How we divide our soul
- Inside Marilyn three times
(In acustico, sugli spalti)
- Bianca
- Non è per sempre
Encore:
- La verità che ricordavo
- Bye bye Bombay
- Ci sono molti modi
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