Afterhours
Torino, Piazza Castello, 25 aprile 2009
live report
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25 aprile, festa della Liberazione. Per alcuni, solo un pretesto per fare polemica (sterile ed inutile), per altri un’occasione per ricordare un passato poi non così tanto remoto della nostra storia. Per i torinesi, una giornata per alternare parole e musica, letture e canzoni, testimonianze di uomini e donne, piccoli e grandi, che la guerra l’hanno vissuta sulla loro pelle. Per me, un pretesto per rivedere sul palco una band storica del tanto chiacchierato underground italiano, reduce dall’apparizione sanremese, che gli è valsa il premio della critica.
Gli Afterhours salgono sul palco verso le 22.30, dopo la performance di un inaspettato Cristicchi, che ha dimostrato simpatia e versatilità, e che raggiungerà la band verso fine concerto per un’inedita versione con archi di Sui giovani d’oggi ci scatarro su. La formazione non è al completo: manca infatti il polistrumentista Enrico Gabrielli, mancanza che si è sentita in special modo nei pezzi dell’ultimo album I Milanesi ammazzano il sabato, meno in quelli del passato (devo ammettere che sentire la splendida Quello che non c’è senza l’armonica è un toccasana per il cuore).
Si parte con Agnelli al piano, che si lancia in una Dove si va da qui in puro stile Radiohead non eccellente a livello vocale, ma si riprende subito con Il paese è reale, pezzo che hanno presentato a Sanremo e che dal vivo rende anche meglio. Seguono una serie di brani vecchi e nuovi: Male di miele, Tutti gli uomini del presidente (cantato da un Dell’Era non proprio a suo agio nel falsetto), Ballata per la mia piccola iena, Sulle labbra, Riprendere Berlino, Milano circonvallazione esterna.
I suoni si succedono a ritmo sincopato, racchiusi in gabbie di chitarre distorte e ritmi accelerati (come sempre, dal vivo) dalla batteria di Giorgio Prette, pietra miliare della band. In un crescendo che non lascia spazio a momenti di down, e che tocca l’apice con brani come Musa di nessuno, Quello che non c’è e I Milanesi ammazzano il sabato, per coronare il tutto con L’estate, coinvolgente e sensuale come non mai.
Complice la salita sul palco di Cristicchi per un momento (auto)celebrativo, gli After prendono in prestito un violino in più (come se non bastasse quello che hanno già, degno sostituto di Ciffo, anche a livello di immagine) ed eseguono Non è per sempre insieme agli Gnu Quartet, che avevano egregiamente supportato la performance del vincitore di Sanremo 2007, tanto per restare in tema.
A mezzanotte, senza neanche il tempo per i bis (fare un concerto in pieno centro ha il suo prezzo), si spengono le luci su questa serata, che ha visto ancora una volta l’esibizione di un grande gruppo, affiatato e rodato, che però avrebbe potuto lasciare spazio a brani – passatemi il termine – datati, ma sicuramente più rappresentativi (un esempio su tutti, performance al Traffic 2008). Una nostalgica come me non riesce a dimenticare album come Hai paura del buio? O Quello che non c’è, che da soli meriterebbero un concerto a testa. Ma questa è un’altra storia, e almeno per questa sera, anche i torinesi hanno ammazzato il sabato.
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