Acid Mothers Temple
Roma, Sinister Noise Club, 23 ottobre 2013
live report
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Sono tornati in Italia i paladini della psichedelica made in Japan con un tour in Europa e UK. Fa strano vedere i cinque giapponesi in una location così piccola come quella del Sinister Noise Club di Roma, data al caratura della band in questione. Il locale è tuttavia accogliente e tipicamente underground, a due passi dalla stazione metro Piramide. La sala dove si svolgerà il concerto (minuscola) offrirà spazio a non più ci una cinquantina di persone accorse di mercoledì per vivere con mente e corpo la musica ipnotica degli Acid Mothers Temple.
Entrati nel locale e scese le scale della sala concerto ci troviamo subito di fronte i membri del gruppo adagiati sui divanetti accanto al banchetto del merchandising.
Non appena la sala si riempie i nostri si recano dietro il backstage per fare il loro ingresso sul palco: alla sinistra si piazzano basso (Tsuyama Atsushi) e chitarra (Tabata Mitsuru), al centro il guru Higashi Hiroshi con il suo sintetizzatore, dietro di lui la batteria di Shimura Koji, e alla destra Kawabata Makoto, chitarrista e fondatore della band.
Gli Acid Mothers Temple attaccano improvvisamente, quasi prendendo alla sprovvista il pubblico, con un ruggito noise attraversato da effetti spaziali (Space Speed Suicide). Le voci sono impercettibili in mezzo all’uragano di rumore e psichedelia, ma sta di fatto che per la loro musica non fa alcuna differenza, anche perché le parti vocali sono ridotte all’osso. Le cose cambiano quando intonano il mantra di In Search Of The Lost Divine Arc su una ritmica più lenta, con le chitarre dilatate: un trip lisergico che porta la mente a viaggiare tra rituali esoterici nel deserto. Il gruppo spesso e volentieri sembra veramente come in trance, con gli occhi chiusi e il corpo fluttuante, creando un tutt’uno con la propria musica. Gli Acid Mothers Temple continuano così fino alla fine, tra interminabili jam noise e spaziali, dove a volte non si sa dove finisce un pezzo e inizia l’altro.
Ogni membro dà sfoggio della proprie abilità allo strumento ad iniziare dal bassista (con i suoi riff cavernosi) per finire con la chitarra acrobatica di Kawabata, autentico mattatore della serata i suoi assoli acidi a metà strada tra un Jimi Hendrix e un Keiji Haino. La jam che chiude il concerto è una scarica di adrenalina, dove gli strumenti vengono suonati a velocità supersonica, che fa impazzire il pubblico. Dopo 1 ora e 15 di concerto gli Acid Mothers Temple escono di scena senza regalare il ritorno on stage: gli strumenti vengono smontati e il gruppo si concede ai flash dei fan.
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